venerdì 23 maggio 2014

La terribile Mugamma

C'è un posto al Cairo, in piazza Tahrir, dalla parte opposta del museo egizio, che assomiglia alle porte di Mordor. Si chiama Mugamma, la terribile Mugamma. E' alta dieci piani e larga il doppio. E' coperta da uno strato di polvere grigia e triste. Non è abitata da famelici throll, ma da 18.000 (diciottomila) funzionari statali egiziani.

Allo scadere del mio primo mese in Egitto, ho dovuto organizzare un piccola intrepida spedizione per rinnovare il visto. Le leggende che aleggiano intorno alla terribile Mugamma non mi hanno intimidito. Mi sono armato di qualche consiglio, del passaporto, di una sua fotocopia, di una decina di fototessere di formato diverso, di una lettera della mia scuola, di tanta pazienza e dell'intercessione di santa Caterina, di cui ricorreva la festa e che aveva una certa esperienza nel persuadere pubblici ufficiali.

Sono partito in taxi per arrivare in dovuto anticipo, tanto che ho dovuto aspettare mezz'ora, visto che le porte di Mordor si aprono puntualmente alle ore 8.00. La cosa incredibile che alle 7.40 si è formato una lunga ordinatissima fila di cittadini davanti all'ingresso. Sembrava di essere a Londra alla fermata del tram. Lo spettacolo mi ha fatto scendere un brivido freddo lungo la schiena, perchè in Egitto nessuno fa mai delle lunghe ordinatissime file davanti a nulla. Allora, davvero la Mugamma è temibile!

Le porte si aprono e io mi sento come l'Asterix delle 12 fatiche che sta per affrontare la burocrazia romana.


Il primo ostacolo è trovare lo sportello a cui rivolgersi, visto che le indicazioni sono poche, nascoste ed in arabo. So che l'ufficio immigrazione è al primo piano. Ma a destra o a sinistra? Risolvo il problema mostrando il passaporto al primo ufficiale che incontro. (Risposta giusta: destra-sinistra-destra, in fondo al corridoio, o il contrario se si viene dalla parte opposta).

Lo spettacolo che mi si para davanti è una schiera di dipendenti pubblici egiziani dietro una barriera di plexiglas che fa colazione ridendo e scherzando. Io sfoggio un sorriso ruffiano. Con molta calma, due impiegate si mettono al lavoro. Trattano con un certa sufficienza la signora africana prima della fila, con un certo fastidio il giovane francese davanti a me e, quando è il mio turno, una gentile funzionaria mi dice: dov'è il modulo? quale modulo? quello da compilare. Il pacco con i moduli da compilare si trova all'inizio del corridio, sulla scrivania del poliziotto.

Allora torno indietro e prendo il modulo, ma mi rendo conto di non avere una penna per compilarlo. E nessuno, alla Mugamma, sembra avere una penna per compilare i moduli. Ne ho una rossa. Il poliziotto dice che va bene. La gentile funzionaria, dopo che l'ho compilato, dice che non va bene. Riprovo, questa volta estorcendo una penna al francese di cui sopra. Questa volta va bene. Consegno il modulo, sfoggio il sorriso paraculo a cui risponde uno sguardo di approvazione della gentile funzionaria. Fotocopia del passaporto? Ce l'ho. Fototessera? Ce l'ho. La gentile funzionaria sembra stupita.

A questo punto bisogna comprare il bollo. La gentile funzionaria mi spedisce dall'altro l'alto del corridoio ha comprare 11,7 ghinee di visto trimestrale (€ 1,19 al cambio attuale - il visto d'ingresso di un mese mi era costato, invece € 15). Il gentile funzionario dell'ufficio bolli posa il panino con le polpette e mi vende il bollo. Ritorno dalla gentile funzionaria, consegno il bollo e sorrido. Le mi risponde: ritorni domani. Domani? Domani alle 9.00!

E' stata semplice, penso. Ci è voluta solo un'ora e sono di nuovo all'aria aperta.

A scuola mi spiegano che la prima giornata è quella facile. Nella seconda c'è davvero da combattere. Io mi preparo. Faccio gli esercizi alla sbarra, sollevamento pesi e tapis roulant. La sera, una tisana all'anice, uno yoghurt e una mela. Il giorno dopo, alle 8.00 sto già marciando verso la metropolitana. Scendo a Naguib, perchè la fermata di Tahrir e chiusa per motivi di ordine pubblico (e cioè impedire ai Fratelli musulmani di organizzarci una manifestazione a sorpresa). Alle 9.00 in punto sono di fronte alla gentile funzionaria con un sorriso smagliante al caffè. Le scuote la testa e mi spedisce ad sportello al centro del corridoio.

Mi trovo davanti un poco gentile funzionario che senza tante cerimonie mi prende il passaporto e mi dice: ritorni alle due! alle due? alle due! Una signora dalla faccia molto nordeuropea e dall'aria molto arrabbiata mi sussurra: fanno sempre così, lo fanno apposta. E io penso alle nostre questure e alle umilianti lunghe file di immigrati costretti a mendicare un visto e a pagare ben più di un euro e venti. E penso: è vero, lo fanno apposta.

Ho ben quattro ore di tempo, davanti a me, il tempo necessario per attaccare un bollo ad un passaporto. Visto che sono uno studente coscienzioso, decido di andare a scuola per due ore di lezione prima della "consegna dei passaporti".

La "consegna dei passaporti" è considerato il vero momento clou del processo di rinnovo del visto. Davanti allo sportello della consegna passaporti c'è una calca di uomini e donne, sudati, stanchi, con l'alito pesante, le barbe lunghe e l'espressione inquieta. Oltre il plexiglas c'è un funzionario che, con molta coolness e la classe di una velina, estrae passaporti da un gran faldone e grida: China! Nessuna risposta. China! Ancora nessuna risposta. Hind! Non ci sono indiani in giro. China! Ma dove sono finiti tutti i cinesi? Hind! Silenzio. Almania! I tedeschi ci sono, sempre al posto giusto nel momento giusto. Amerika! Suissera! Spania!

A dispetto delle lugubri leggende, del poter di Sauron e delle fatiche di Asterix, forse grazie alla potentissima intercessione di santa Caterina, la mia lotteria dura appena 15 minuti: Italia! Eccola! Alle due e un quarto me ne esco a cuore leggero in piazza Tahrir.

Addio, terribile Mugamma, che dopo tutto non è stata poi così terribile...





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