sabato 21 aprile 2012

11 tesi sulla povertà religiosa

Ho condensato in undici brevi tesi la mia riflessione sulla povertà religiosa. Vogliono essere una ricapitolazione di quello che ho meditato, letto e  vissuto negli ultimi dieci anni rispetto a questo tema, ma anche un punto di partenza per future considerazioni.

1. La povertà è essenzialmente mancanza di libertà. La povertà materiale è un aspetto importante, ma non esclusivo, dell'incapacità di fare delle scelte. Scegliere liberamente la povertà è, pertanto, impossibile: chi sceglie di vivere da povero, non è autenticamente un povero.


2. E', però, possibile fare esperienza di alcune conseguenze qualificanti della povertà. Questo è quanto fanno i religiosi professando i loro tre voti: ubbidienza, castità e povertà.

3. L'esperienza della privazione della libertà viene vissuta dai religiosi primariamente attraverso il voto di ubbidienza, attraverso il quale lasciano che a determinare aspetti importanti della loro vita siano i loro superiori e la loro comunità.

4. La sobrietà materiale e la dipendenza dalla generosità del prossimo sono gli aspetti della povertà economica che i religiosi possono proficuamente vivere.

5. La povertà economica non deve andare a discapito della missione dell'ordine religioso.

6. Una sobrietà vissuta serenamente e onestamente è il modo più efficace di testimoniare la centralità di Dio nella vita degli uomini e la fiducia nella Sua provvidenza.

7. Una sobrietà che nasce dalla condivisione dei propri beni è sia uno stile di vita  apostolico che un atto di giustizia. Coloro, ai quali tutto è stato donato, hanno, infatti, l'obbligo morale di privarsi del superfluo per donarlo a chi vive nel bisogno.

8. Sono poche le cose che sono di scandalo per la fede quanto i religiosi che vivono nel lusso. Un simile stile di vita è in aperta contraddizione con tutto ciò che si vorrebbe testimoniare ed essere.

9. Non tutti i religiosi sono in grado di vivere il medesimo grado di sobrietà materiale. Più dell'austerità che effettivamente viene vissuta, importa l'impegno e la fatica impiegati nel liberarsi di quei beni a cui si era assuefatti.

10. Alcuni beni possono essere essenziali per alcuni religiosi e per altri no. Non spetta ai religiosi giudicare lo stile di vita dei loro confratelli. Ognuno, piuttosto, cerchi di migliorare se stesso, sacrificando ciò che può dei suoi beni.

11. Ogni comunità religiosa dovrebbe imparare a discutere con semplicità, senza paure e con reciproca comprensione del proprio stile di vita, cercando di individuare tutto ciò che è superfluo e a cui si può comunitariamente rinunciare.

Bibliografia: Agostino, Regola; Sen, A., Sviluppo è libertà.



2 commenti:

lucio.campli@gmail.com ha detto...

mi interessa leggerti ancora su altri argomenti simili (consigli evangelici)grazie

luca ha detto...

appena avrò qualcosa da dire al proposito... ma penso arriverà presto (considerando i miei ritmi di scrittura) un post al proposito. grazie del commento e ciao!

se ti interessa, puoi trovare qualche mio scritto al proposito su www.vitaefratrum.blogspot.com