martedì 24 dicembre 2013

Con le migliori intenzioni

Il senato belga ha recentemente approvato una legge che permette l'eutanasia infantile. Mentre riflettevo, un po' scosso, su questa notizia, mi è venuta in mente una discussione di tanti anni fa con degli amici, in una locanda di Bertinoro.

Ci si poneva la domanda di Ivan Karamazov: "se Dio non esiste, tutto è permesso?". C'era chi diceva di sì, che effettivamente la morale ha bisogno di una fondazione assoluta e trascendentale. Alcuni dissentivano e sottolineavano che, anzi, è molto più virtuoso chi ama gli uomini e si comporta in modo retto a prescindere da ogni prospettiva e ricompensa ultraterrena, rieccheggiando così la parole del monaco Rakitin:
L'umanità saprà trovare in se stessa la forza di vivere per la virtù, anche senza credere all'immortalità dell'anima! La troverà nell'amore della libertà, dell'uguaglianza e della fratellanza!"
Io, ricordo, ero piuttosto incerto sulla questione, anche perchè sotto gli occhi avevo persone, che pur essendo atee, sono splendide e generose. Eppure, ora che in un paese moderno, civile, laico si prevede la possibilità di uccidere legalmente un bambino, comincio davvero a credere che, senza Dio, tutto sia permesso. Non perché venga lasciata la briglia sciolta ai sentimenti più bassi e cattivi, tutt'altro! ai giorni nostri tutto è permesso, purchè lo si faccia con amore. I bambini si uccidono, ma per il loro bene: è un atto di misericordia per coloro che la natura ha condannato a una vita di dolore e infelicità.

domenica 3 novembre 2013

Il buon allenatore


Il 19 settembre, i miei confratelli, riuniti in capitolo, hanno eletto fra Fausto nuovo Priore provinciale. E' un'ottima occasione per fare una breve riflessione sul ruolo del superiore nella vita religiosa.


Nelle fonti domenicane c'è un racconto che mi è rimasto particolarmente caro e mi si è inchiodato nella memoria. Non è una storia di eroica santità, come la maggior parte di quelle che ci vengono tramandate dalle prime generazioni di frati, ma di debolezza e di misericordia. Si narra, infatti, che Domenico avesse inviato i suoi frati alle celebri università di Parigi e Bologna per studiare teologia  e diritto senza il briciolo di un quattrino. All'epoca, la mendicità veniva intesa in senso strettamente letterale e proprio per questo non era per nulla facile viverla. Infatti, fra Giovanni di Spagna (come lui stesso racconterà) si rifiuta: senza soldi lui non parte. A nulla servono le preghiere e gli scongiuri di Domenico. Giovanni è irremovibile. A quel punto Domenico cede e gli lascia 12 denari per il lungo, faticoso, pericoloso viaggio.

lunedì 16 settembre 2013

Il Cairo, tra la vita e la morte

Mi hanno insegnato a contare i morti: 25.000 a Waterloo, 25 milioni di peste nera, 1,5 milioni ad Auschwitz, 638 negli scontri del Cairo. Sono diventato un maestro di contabilità funebre. Invece non mi hanno mai insegnato a incontrare la morte. Mi è stata nascosta dietro le tendine e i neon degli ospedali, dalle mura che circondano i cimiteri fuori città, dalla discreta censura, dal un certo timido pudore e dagli eufemismi del nostro linguaggio. La morte è solo un numero buono per le statistiche, ma che pare nulla abbia a che fare con la realtà. E' una zia brutta, scorbutica e vecchia che è stata rinchiusa a doppia mandata in un pesante armadio in fondo ad una polverosa soffitta, dove è stata dimenticata.

In Egitto è diverso. Lì la morte è celebrata, posta al centro della vita civile e religiosa, occasione per le più meravigliose costruzioni architettoniche e per le più banali necessità pratiche. Lì i morti accompagnano con la loro garbata presenza, il riposo e il lavoro degli uomini, la loro festa e il loro lutto.

domenica 9 giugno 2013

La fede e il sospetto

Ludwig Wittgenstein sosteneva che una proposizione fosse sensata quando si sapesse dire in quali casi tale proposizione fosse vera o falsa. Il criterio di Wittgenstein si adatta perfettamente alle scienze sperimentali; ma per la filosofia? E' un enorme guazzabuglio di frasi senza senso? Molti acconsentirebbero senza pensarci due volte. Karl Popper si è posto questo problema e ha suggerito una soluzione diversa: se non possiamo affermare con certezza quando una idea filosofica sia vera o meno, dal confronto tra ipotesi filosofiche opposte possiamo però capire quale sia quella più rigorosa, quella meno falsa.

Si può tentare la stessa operazione di critica per capire quando la nostra fede non è autentica. Paul Ricoeur ha indicato tre maestri che ci insegnano a sospettare della nostra fede e di noi stessi. I tre maestri che ci mettono una pulce nell'orecchio sono Karl Marx, Sigmund Freud e Friedrich Nietzsche. Proviamo, allora, con il loro aiuto, a testare la nostra coscienza.

domenica 26 maggio 2013

Il capitolo

La vita del frate conosce molti momenti di penitenza e mortificazione, il principale dei quali è il capitolo degli studenti.

Il capitolo è la riunione in cui i frati decidono le questioni più rilevanti per la vita della loro comunità. C'è il capitolo di convento, quello di provincia e quello generale, in cui si riuniscono i rappresentanti di tutti i frati di tutto l'ordine da ogni regione del mondo.

E c'è anche quello dei frati studenti. Non che il capitolo degli studenti abbia un qualche potere decisionale (quello l'ha tutto il maestro), è un capitolo più per modo di dire che in realtà. Però, è una prima importante palestra per quello che diventerà uno dei momenti qualificanti della vita domenicana.


Di solito ci riuniamo la sera, l'unico momenti buco della giornata. Noi student,i poi, nutriamo sempre una malcelata speranza che il sonno e l'ora tarda possano porre un limite alle nostre interminabili discussioni. La sala in cui ci riuniamo è enorme. Ci stanno tre tavoli (uno lungo, uno corto e uno rotondo), un frigorifero, un biliardo anni '50, due armadi cinti da vasi cinesi, tre librerie ripiene di romanzi d'appendice, bibbie, summe e trattati di spiritualità. A metà della sala, assediati a sinistra da una parete, a destra dal biliardo, avanti e dietro dai tavoli, sono stati sistemati a quadrato quattro divani rossi sfondati da frati dalla corporatura importante. Marca il centro del quadrato un tappeto sovrastato da un tavolino da thè.

martedì 21 maggio 2013

Le dimissioni


Sua Santità si è dimesso. Un gesto simile è già di per se inaudito e clamoroso, ma in Italia – lo sappiamo tutti -  lo è ancora di più.

Il nostro è, ahimè, un paese per vecchi. Ogni autorità, di qualunque genere e specie, – il professore, il dottore, il politico, il manager – rimane appiccicata alla propria poltrona, quasi vi fosse legata da un vincolo di natura sacramentale, “finché morte non vi separi”. Viene il sospetto che questi uomini, raggrinziti da un perenne esercizio del potere, sussistano esclusivamente in virtù della loro posizione e che da essa succhino vita come da un elisir di eterna giovinezza. Somigliano ad un alpinista a penzoloni su un abisso, aggrappato con le unghie ad un ultimo disperato sperone di roccia.

giovedì 11 aprile 2013

Una forza per il bene?

Stephen Fry è un attore inglese che mi piace moltissimo. Lo trovo irresistibile. Quando, scorazzando per la rete, ho trovato un suo video intitolato "Stephen Fry dismantles Catholic Church" (Stephen Fry smantella la Chiesa Cattolica), ho pensato subito che fosse una delle sue gag da ridere. Invece no. Si trattava di un dibattito intorno alla seguente questione: Is the Catholic Church a force for good? La Chiesa Cattolica è un fattore positivo per la società? Stephen Fry pensa di no.

Gli argomenti elencati da Fry sono noti: Galileo, il mercato delle indulgenze, l'inquisizione, la pedofilia, l'opposizione all'uso dei preservativi e all'aborto, il celibato e la condanna dei rapporti omosessuali come peccato. Nell'argomentazione di Fry ci sono molto imprecisioni, sia storiche che dottrinali, ma non è questo il punto. E', anzi, vero che le accuse contro la Chiesa avrebbero potuto essere molte di più e molto più severe. Qualsiasi cattolico potrebbe aggiungere nuovi capi d'accusa a quelli già addotti da Fry.

domenica 31 marzo 2013

Verità e certezza

Il motto dell'Ordine dei Predicatori è una sola parola: Veritas, una parola che spaventa e affascina. Quante stragi sono state compiute in nome di verità o di ciò che ci è stato spacciato come tale! eppure ognuno di noi la ricerca e vorrebbe conoscerla. Quando crede di averla trovata, la difende e cerca di convincere gli altri. Senza verità non ci sarebbe discorso possibile e tutto si liquefarebbe nell'indistinto, nel contingente, nel discrezionale. Non sarebbe più possibile prendere una decisione, perché le conseguenze delle nostre scelte sarebbero aleatorie; non si potrebbe più combattere per una causa, perché varrebbe tanto quanto tutte le altre e cioè nulla; non si potrebbe più parlare, perché le nostre parole non avrebbero alcun significato.

La verità è anche una tentazione. Vorremmo renderla una nostra proprietà privata, a nostra esclusiva disposizione. Vorremmo essere giudici del vero e del falso. Vorremmo non avere mai bisogno di cambiare idea. Se questo atteggiamento è possibile, anzi necessario, per tante piccole verità quotidiane, diventa immediatamente blasfemo, quando questa verità è Dio in persona.

martedì 19 marzo 2013

E' la Chiesa, bellezza!

Abbiamo un nuovo papa. Si chiama Francesco. Da quel piovoso mercoledì sera, quando si è affacciato sulla loggia, sta stupendo e entusiasmando molti. Sta dando speranza a un popolo che ne aveva tanto bisogno, sta restituendo il sorriso ad una Chiesa incupita da scandali e sospetti.


Molti, forse, sono tentati di contrapporre Francesco a Benedetto: così differente è lo stile, la liturgia (!), la storia personale. Non è una questione di scarpe rosse, si badi bene, ma di simboli e i simboli sono importanti. Eppure questi molti sbaglierebbero, se intendessero esaltare l'uno per squalificare l'altro, perché questo cambio di passo a S. Pietro non fa altro che illuminare la cattolicità della Chiesa.

domenica 3 marzo 2013

Un voto scomodo

Esplicitamente i frati predicatori emettono un unico voto, quello di obbedienza, che include e fonda gli altri due, il voto di povertà e quello di castità. E questo a dimostrare quanto sia importante. Eppure è una promessa evangelica poco affascinante, viene guardata con sospetto, fa addirittura paura. Troppi sono stati nel nostro secolo i crimini commessi nel nome dell'obbedienza. E questa è la ragione per cui l'obbedienza va vissuta con consapevolezza e responsabilità.

Non si tratta affatto di rinunciare acriticamente alla propria volontà e alla propria intelligenza e di comportarsi come marionette. Anzi, si deve diffidare sempre di chi vi chiede di smettere di usare il cervello.

mercoledì 27 febbraio 2013

Chiesa e politica: com'era una volta


Siamo ormai giunti alla vigilia elettorale. Ci va a fagiolo una breve panoramica dei rapporti tra Chiesa e politica, dalle origini fino a Teodosio.

1. Il rapporto tra Chiesa e politica è di tipo organico e di reciproca influenza. La politica, nella misura in cui ha organizzato e strutturato il territorio o ha perseguito i suoi fini, ha contribuito a plasmare la Chiesa, che, a sua volta, nel rispondere alle sfide poste dalla politica, ha trasformato la società.

Tenterò qui di tratteggiare sinteticamente le diverse configurazioni del rapporto tra Chiesa e stato fino a Teodosio. 

Il cristianesimo si era presentato, alle sue origini, come una religione estranea alle vicende della politica, senza propositi di rivoluzione sociale o rivendicazioni etniche. La reciproca indifferenza tra Chiesa e politica durò, però, molto poco, appena trent'anni. Furono le autorità politiche a percepire, con crescente consapevolezza, il cristianesimo come un pericolo e in quanto tale tentarono di estirparlo. Non ci riuscirono e il fronte venne capovolto: il cristianesimo passò rapidamente da religio licita a vera e propria religione imperiale. Da quel momento la sfida che la Chiesa dovette affrontare fu di difendere la propria autonomia dalle ingerenze del potere politico.

domenica 3 febbraio 2013

Un bambino per tutti?

La scorsa settimana Roberto Saviano ha scritto, con la solita maestria e concisione, un articolo per l'Espresso a favore dell'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Il tema è "molto caldo" e il pezzo di Saviano mi sembra un ottimo punto di partenza per rifletterci sopra.


Saviano presenta tre argomenti, un corollario e un suggerimento.
Il primo argomento è che la famiglia non è un concetto biologico, ma storico, soggetto a mutare nel tempo e a seconda della cultura ambiente. Il secondo è che ciò che conta davvero nell'adozione è l'amore che la motiva. Il terzo è che è preferibile affidare i bambini a nuove forme di famiglia, piuttosto che lasciarli in stato di abbandono.

Il corollario è che la Chiesa non dovrebbe permettersi di intervenire nel dibattito pubblico cercando di condizionare una legislazione che vale per tutti, e non solo per i cattolici.

Il suggerimento è di orientare il dibattito su quali siano i criteri che consentano di capire se il nucleo familiare in fieri è in grado di adottare oppure no. Sicuramente quest'ultimo suggerimento va accolto e, per farlo, bisogna rispondere proprio ai tre argomenti riportati da Saviano. Poi aggiungerò qualche considerazione sul corollario.

domenica 20 gennaio 2013

Terra Santa

Ho avuto il privilegio di trascorrere i primi sei giorni di gennaio in Terra Santa. Penso sia un modo molto speciale per iniziare l'anno, nella speranza che continui così: sulle orme di Cristo.


E' stata la mia prima volta e tutto era nuovo. Ecco le considerazioni di un pellegrino di primo pelo:

1. A parte Gerusalemme, in Terra Santa non c'è nulla che valga la pena vedere per sé: un lago inquinato e un fiume acquitrinoso; quattro ruderi romani e tante brutte chiese degli anni '30; colline spelacchiate, sabbia, sassi. Eppure tutto è meraviglioso, tutto acquista senso, bellezza e interesse perché viene visto con gli occhi della fede: quello è il mare su cui ha camminato Gesù, quello è il fiume in cui è stato battezzato, quelle sono le pietre su cui ha camminato quando era ragazzo o nelle sue ultime ore di vita, quella è la collina su cui ha predicato o pregato, quello il deserto dove pregava.

domenica 13 gennaio 2013

Perché facciamo il male?

Hans Jonas ebbe modo di scrivere che Auschwitz, e tutto ciò che questo nome rappresenta, ha cambiato il nostro modo di concepire Dio. E' sicuramente così, ma è anche vero che ha cambiato il modo con cui l'uomo vede se stesso. La nostra capacità di fare il male ci lascia sgomenti. Non paiono esserci limiti: i record di crudeltà che la storia ci ha tramandato vengono polverizzati da atrocità sempre più sofisticate, che rivelano nuove profondità negli abissi del cuore umano.

Alla domanda non si sfugge: perché facciamo il male?

Una prima risposta potrebbe essere questa: perché siamo costretti a farlo. E' la nostra stessa natura che ci spinge a farlo, perché è debole, difettosa, malvagia. Questa risposta nega la libertà umana (di fare o non fare il male) e ci libera da ogni responsabilità rispetto alle nostre azioni cattive.