Abbiamo un nuovo papa. Si chiama Francesco. Da quel piovoso mercoledì sera, quando si è affacciato sulla loggia, sta stupendo e entusiasmando molti. Sta dando speranza a un popolo che ne aveva tanto bisogno, sta restituendo il sorriso ad una Chiesa incupita da scandali e sospetti.
Molti, forse, sono tentati di contrapporre Francesco a Benedetto: così differente è lo stile, la liturgia (!), la storia personale. Non è una questione di scarpe rosse, si badi bene, ma di simboli e i simboli sono importanti. Eppure questi molti sbaglierebbero, se intendessero esaltare l'uno per squalificare l'altro, perché questo cambio di passo a S. Pietro non fa altro che illuminare la cattolicità della Chiesa.
La Chiesa è una ed universale, è un corpo composto da tante membra, che trovano la loro unità nel capo, il Cristo. Nella Chiesa trovano il loro posto e la loro vocazione il missionario delle favelas e l'insegnante di diritto canonico, il prete di campagna e il nunzio apostolico, la casula e il piviale, il gregoriano e i bans degli scout, papa Francesco e papa Benedetto. Non hanno nulla in comune se non Cristo, ma Cristo - lo ribadisco - è la ragione della loro unità e Cristo è tutto. Questa è la Chiesa, in tutta la sua multicolore bellezza.
Chi, tra quei molti, si sentisse un "cattolico di Francesco" piuttosto che "un cattolico di Benedetto", chi sentisse il bisogno di tracciare delle lunghe linee di demarcazione tra chi condivide la stessa fede, chi si sentisse più autenticamente cattolico degli altri, - beh - questi non ha capito proprio nulla. E' come se andasse a messa senza celebrarla, come se cercasse di amare Dio e non il prossimo, come se temesse che l'acqua del suo battesimo non sia tutta pura.
Questo qualcuno dovrà intraprendere un lungo cammino di conversione, ma può ben rincuorarsi, perché non è da solo. In effetti, siamo tutti in cammino, chi da una parte, chi dall'altra. A volte mi capita di pensare alla Chiesa come a un'enorme efficientissima lavatrice, il cui lavoro è proprio quello di cancellare ogni macchia. Che lavatrice sarebbe se lavasse solo quelli che sono già puliti? Che Chiesa sarebbe se accogliesse chi è già perfetto?
Proprio per queste ragioni trovo abbastanza stucchevoli i dibattiti sul presunto collaborazionismo di padre Bergoglio alla dittatura argentina. La storia dei cristiani è sempre una storia di perenne conversione. Questa è la storia di dom Helder Camara e di monsignor Oscar Romero. Perché non potrebbe esserlo anche di padre Bergoglio?
Il cristiano non rimane incatenato al suo peccato. Quando lo riconosce, ringrazia Dio perché così può - ancora una volta - fare esperienza della misericordia rigeneratrice di Dio. Il cristiano sa chiedere perdono e sa perdonare, sa distinguere tra peccato e peccatore e, soprattutto, sa che - per grazia di Dio - tutti possono cambiare. In meglio. Sempre.
2 commenti:
Grande Luca! Grazie per questo contributo... Anche io in questi giorni - sentendo il grande calore che i "lontani" stanno riservando a Francesco - mi sono sentito un po' come il fratello "antipatico" del figliol prodigo: ma come, io cerco di essere cristiano da una vita, dico da tanto che nella Chiesa ci sono e ci sono stati anche - e soprattutto - quelli lavorano umilmente nella carità, quelli che hanno parole di misericordia, ed oggi, in una settimana, sono tutti diventati "papisti"!
Ovviamente banalizzo ed esagero. E poi penso, nella mia povera conoscenza delle cose della Chiesa, che probabilmente non ci sarebbe stato Francesco (o non adesso) senza che prima fosse venuto un Benedetto, che con i suoi modi curiali e la sua teologia ferma e solidissima, ha compiuto un atto che è stato scandalo per molti e dal quale probabilmente non si poteva "tornare indietro" nominando un Papa qualunque.
Ammesso che esista un papa qualunque, ovviamente...
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