mercoledì 31 dicembre 2008

Resoconto di un anno

Gli ultimi due anni, a capodanno, ho lavorato. Ero ancora "support worker" per Mencap ed ero ancora a Londra. Ci sarei rimasto per un altro mese e 8 giorni. Il 7 febbraio ho lasciato, senza troppo rimpianti e con un gigantesco senso di liberazione, quei colleghi senza amore per il loro lavoro. Mi rimane il libro che il mio capo mi aveva regalato per augurarmi un futuro pieno di successi. Nemmeno lui, però, ha resistito molto e in primavera se ne è tornato a casa, alle Mauritius. Mi rimane anche lo sguardo sconsolato di Emily, quando son partito. Ma tanto lei è abituata. E sicuramente mi ha sostituito uno migliore di me.

Dopo una settimana di preparativi sono atterrato a Parigi. Due giorni a salutare Ana e Veronica e poi via di nuovo in treno, fino a Taizè. Non sapevo esattamente quanto sarei rimasto, in questo monastero che assomiglia ad un campeggio. Pensavo fino a pentecoste. Intanto ho svernato lì. Ho fatto amicizie, alcune finite su facebook, altre rimeste impresse in una cartolina, in una foto, in una candela. Il silenzio, la preghiera, la vita in comune mi hanno sedotto. Soprattutto il silenzio; soprattutto quella settimana in silenzio, quando raffreddore, maltempo e otite sono state compagne della gioia del cuore e di vera libertà.

A Taize alla fine ci sono rimasto fino a settembre. 9 mesi giusti. Alcuni dei miei compagni di avventura e preghiera se ne sono andati, altri sono rimasti e ci rimarrano una vita. Uno doveva tornare, ma una tragedia lo ha costretto in Polonia. L'ultimo aspetta ancora una mia lettera.

Sono tornato a Bolzano, nel posto che chiamo casa, ma che casa non è, per rimanerci un anno. Mi ha costretto a tornare l'ordine dei predicatori, per un periodo di discernimento, prima del postulantato. Un anno di attesa e ricerca. Sono tornato a londra per salutare gli amici e chiudere il conto in banca, prima che fosse troppo tardi. Ho fatto campagna elettorale per un mese e mezzo. Uno shock all'inizio, ma la politica, anche quella sangue e merda, è sempre stata una mia passione. Le lezioni sono venute, noi non abbiamo potuto stappare lo spumante.

Gli ultimi due mesi dell'anno sono stati la frustrazione di cercare un lavoro, ma non sapere bene quale, e perchè. Il resto è 2009.

martedì 30 dicembre 2008

La modernizzazione spagnola. Domande

Salvatorelli, nelle prime pagine della sua storia del novecento, dice che agli inizi del secolo tre erano i poteri forti della Spagna: l'esercito, l'aristocrazia fondiaria e la Chiesa.

E' sbagliato pensare che, dei tre presidenti del consiglio della Spagna post-franchista, il primo, Felipe Gonzalez, abbia regolato l'esercito, il secondo, Jose Maria Aznar, abbia regolato l'aristocrazia fondiaria e il terzo, Jose Luis Zapatero, stia cercano di limitare la Chiesa?

sabato 27 dicembre 2008

Memorandum

1. Non fare previsioni. Nè progetti.
2. Risparmia le parole, non la tua presenza.
3. Dormi in pace ed in abbondanza.
4. Tutto questo, e pure il resto, affidalo a Dio.

martedì 23 dicembre 2008

Per il bene della patria

Il patriota è uno disposto a sacrificare il proprio tornaconto per il bene di qualcosa di più grande, la patria appunto. C'è chi arriva a dare perfino la vita, come Cesare Battisti che finì impiccato pur di non prestare servizio militare a Francesco Giuseppe.

In Alto Adige di patrioti ne abbiamo sempre avuti pochi. In compenso ci sono frotte di nazionalisti, che si sono impegnati fino allo stremo a far danni al proprio gruppo etnico, linguistico o nazionale. I nazionalisti altoatesini di una volta, fascisti e no, erano arciconvinti che il bene fatto agli italiani fosse inversamente e proporzionalmente contrario ai danni fatti ai tedeschi. Si sono quindi impegnati a impedire l'appriovazione dello statuto di autonomia e hanno convinto generazioni di italiani a non studiare il tedesco, in forza del motto: qui siamo in Italia! Grazie a questa lungimirante visione del mondo, gli altoatesini italiani (e tedeschi) hanno potuto godere dei privilegi dell'autonomia con decenni di ritardo e ora si ritrovano con un notevole gap di conoscenze linguistiche rispetto al resto del mondo (per non parlare del resto dell'Alto Adige) e arrancano nel mercato del lavoro.

Purtroppo, però, non ci sono più i nazionalisti di una volta. Quelli che abbiamo ora sono molto peggio, perchè convinti che per il bene della propria corrente politica si debba danneggiare non solo i tedeschi, ma pure gli italiani. Fulgidi esempi di ciò si leggono in questi giorni sulle pagine del giornale. Un certo Minniti, consigliere provinciale dell'ala moderata della pdl, è stato eletto vicepresidente del consiglio con i voti della svp e del pd in barba al tale Urzì, consigliere provinciale e portabandiera dei falchi della pdl.

Le reazioni non si sono fatte attendere. I nazionalisti locali, incapaci di fare da soli, sono subito ricorsi all'aiuto del governo, che non si è fatto attendere. Ieri Frattini, ministero degli esteri della repubblica, ha minacciato ritorsioni contro l'Alto Adige se Minniti non viene immediatamente sfiduciato. Oggi Gelmini, ministro dell'istruzione, ha dichiarato che non procederà alla nomina del sovrindente alla scuola italiana, pendente da sei mesi.

Che la comunità italiana, prima ancora che quella tedesca, sia la prima a venire danneggiata sembra non importare a questi italiani a 48 carati. Tanto loro sono duri e puri...

lunedì 22 dicembre 2008

domenica 21 dicembre 2008

Quel gran genio di Adam Smith

Adam Smith è un genio, di quelli che nella storia dell'umanità si contano sulla punta delle dita. Nella Ricchezza delle nazioni c'è in nuce tutta l'economia: è un immenso tesoro che non si è ancora finito di saccheggiare. Economia monetaria, internazionale, micro, macro, istituzionalismo, storia economica fino ai capitoli "freakonomici" dedicati alla riforma protestante.

Alcuni punti mi hanno sopreso, per la loro attualità.

1) I profitti sono massimi, quando una società è in declino: come non pensare all'Italia, paese sempre economicamente e socialmente fermo, ma le cui imprese registrano record di profitti a gogo.

2) Le rendite monopolistiche sono un limite alla nascita del capitalismo, in quanto restringono la produzione. Le forze produttive vengono imbrigliate per permettere grandi profitti a pochi: ecco delineati in poche righe i legami tra politica ed economia, ed ecco spiegato come sia la politica (e non tanto la tecnologia) ad essere la madre del capitalismo.

3) Quando il legno è abbondante e quindi con poco valore, il proprietario di una foresta la disboscherà per farci pascoli, fino a al punto in cui il legno sarà caro quanto la carne: gira l'idea che per salvare la foresta amazzonica sia necessario privatizzarla. Beware! State attenti!

4) Un aumento dei consumi a scapito dei risparmi causerà un calo degli investimenti e quindi della crescita economica: in usa e in uk la crescita degli ultimi ventanni è stata tutta costruita su un vulcano di debiti. Ne pagheremo le conseguenze anche sul lungo periodo?

5) Premi e monopoli sui manufatti possono aumentare il valore reale delle merci e quindi la loro produzione, a differenza di quelli sul grano: è questo il principio delle strategie di crescita di sostituzione delle importazioni e delle esportazioni strategiche.

6) Gli alti profitti dei mercanti di Cadice non hanno alleviato la povertà di quel misero paese: è un argomento contro la teoria del "trickle down", la ricchezza che si propaga dall'alto verso il basso, o no?

7) L'impero romano è caduto perchè il suo esercito è diventato permanente, e gli eserciti permanenti, come le milizie civili sono inferiori per addestramento e motivazione alle milizie nomadi: una spiegazione molto più intelligente delle sciocchezze sul piombo che si leggono sui nostri libri di storia.

8) L'università di allora non è molto differente da quella di oggi.

Oltre a questo, Smith è anche il teorizzatore della stato minimo e del metodo di analisi liberale.
Quest'ultimo mette a confronto la storia con un modello ideale, ne evidenzia le differenze e conclude che se la realtà fosse andata come da ideale il mondo sarebbe migliore. Questo è lo schema standard degli argomenti neoliberali. Ed è così che Smith espone la sua teoria dello sviluppo economico.

Secondo il filosofo scozzese, gli investimenti si sarebbero dovuti concentrare sull'agricoltura, dino ad un calo dei rendimenti che avrebbe reso profittevoli investimenti nel commercio interno prima, ed estero dopo. Smith riconosce che è successo esattamente il contrario e conclude che l'ordine naturale delle cose è stato sovvertito dagli uomini. Peccato.

Kaldor sosteneva che nella Ricchezza è tutto giusto fino al capitolo quarto, dove Smith suppone dei rendimenti costanti, mentre secondo Kaldor potrebbero anche essere crescenti. Non ho trovato nessuna chiara affermazione in questo senso, a meno che non si voglia considerare la discussione che Smith svolge sul commercio. Ma a me pare che questa non abbia un carattere generale. Oppure mi è sfuggita.

Comunque un gran genio.

martedì 16 dicembre 2008

L'interventismo democratico


Dobbiamo rimpiangere la dottrina dell'interventismo democratico? La comunità internazionale riconosce ancora "la responsabilità di proteggere" le popolazioni civili dalle aggressioni del proprio stato? Devono essere questi i principi cardine di una politica estera di sinistra?

Sono queste le domande che sottendono a un interessante post di Andrea Romano (via Francesco Costa), rimasto meravigliato che ci sia "una convergenza bipartisan", da Dalema a Kouchner passando per Berlusconi, nel rinnegare l'interventismo democratico.

L'interventismo democratico è, però, una dottrina molto problematica. Ne cito alcuni, giusto per non spendere troppe lacrime sul suo rapido pensionamento.

1. Il criterio di genocidio per determinare la necessità di intervenire è labile, opinabile, flessibile, si allarga e si restringe a seconda delle esigenze. Si adatta facilmente - anzi, inevitabilmente - a mascherare interventi di vecchie e realiste politiche di potenza, che di umanitario hanno poco o nulla. Questo accade perchè a decidere cos'è genocidio e cosa non lo è sono le grandi potenze (USA, Russia, Cina...), e non organi imparziali e autorevoli (come se questi potessero esistere nella comunità internazionale).

2. Una politica di intervento democratico richiede giustizia nella sua applicazione per essere credibile. Perchè l'Iraq sì e la Birmania no? E la giustizia nella sua applicazione è impossibile, se non si vuole provocare una guerra mondiale di proporzioni e conseguenze mai viste.

3. Prima di lanciarsi in un'intervento umanitario bisogna essere sicuri che esso non sia una medicina peggiore del male che vuole curare. I teatri delle emergenze umanitarie sono complessi e delicati, spesso si assiste al fallimento di strutture statuali (come in DRC) o a risposte sproporzionate a conflitti pre-esistenti (come in Kosovo). Gli strumenti attualmente a disposizione delle grandi potenze si sono rivelati insufficienti per il "peace-keeping", completamente inadeguati allo "state building" che inevitabilmente segue un intervento umanitario. Nel peggiore dei casi si è finisce come in Somalia (con un umiliante ritiro dopo una vergognosa serie di stupri e violenze da parte dei caschi blu), nel migliore dei casi come in Kosovo (con l'epurazione dei serbi, invece degli albanesi).

4. Oltre agli strumenti militari mancano anche quelli concettuali. L'idea di "esportare la democrazia e i diritti umani" è deficitaria sotto molti punti di vista. Democrazia e diritti umani non scendono dal cielo, nè si impongono sulla punta delle carabine. Entrambi hanno bisogno di uno stato e di un certo equilibrio sociale per esistere, e non vicevera (democrazia e diritti non fanno uno stato). Purtroppo, l'unica risposta efficace nel costruire una struttura statale funzionale è quella islamista. Il regime talebano non ha dato molto all'Afghanistan, ma è stato l'unico a dargli la pace (a differenza di sovietici ed occidentali). Valutazioni simili si potrebbero fare sulla Somalia. Noi non abbiamo alternative credibili alla strategia islamista di costruzione dello stato. E senza statualità ogni intervento democratico è un futile esercizio.

Gli interventi con maggiore probabilità di successo sono quelli portati avanti dalle potenze regionali. L'unica seria risposta alle emergenze umanitarie è affidarsi (criticamente, per carità!) a queste ultime, sia nella valutazione della crisi che nell'eventuale intervento risolutivo, limitandosi a fornire risorse e supporto economico.

giovedì 4 dicembre 2008

La depenalizzazione dell'omosessualità nel paese dei cachi

La questione della depenalizzazione dell'omosessualità ha assunto contorni surreali. Si inizia con un lancio di agenzia che annuncia il no del vaticano ad una proposta francese da presentare all'onu. Da repubblica vengono riportate delle dichiarazioni del portavoce del papa, p. Lombardi e del nunzio all'onu card. Migliore.

A quel punto gli internauti italiani si lanciano alla ricerca delle fonti. La ricerca non è facilissima. Dalla blogosfera emerge rapidamente l'intervista rilasciata dal card. Migliore all'agenzia di stampa francese iMedia. Il testo della proposta francese invece continua a non farsi trovare. Io arrivo al punto di pensare ad una bufala quando, voilà, spunta piuttosto misteriosamente sul blog di Perdukistan. Non si capisce bene dove lo abbia scovato, ma sta di fatto che c'è.

Nel frattempo anche Luigi Accattoli si era dato alla ricerca della proposta perduta e dove google non arriva, arriva il telefono. Accattoli, infatti chiama iMedia e il giornalista che ha intervistato il nunzio gli spiega che questa proposta non esiste ancora.

Insomma, qui qualcosa non quadra. Non sarà una bufala, ma un momento di autosuggestione collettiva forse sì....

E invece no. Perdukistan a domanda, molto gentilmente, risponde, spiegando che la proposta "qualcuno dal parlamento europeo l'avrà ricevuta dalla delegazione francese". Intanto, Accattoli aggiorna i commentatori del suo blog che oltre alla versione già menzionata, c'è n'è pure una seconda, diversa dalla prima.

In attesa di aggiornamenti, non mi resta che sottolineare lo sconcerto di fronte ad un diplomatico dalla Santa Sede che mette veti su questioni così delicate e in virtù di argomentazioni sottilissime prima che venga formalizzato un testo da approvare. Per quanto riguarda il dibattito che ne è seguito... ecco, in questo caso, no il dibattito proprio no.

mercoledì 3 dicembre 2008

La perfetta letizia

Frate Leone domandò un dì al santo Francesco: "O Padre, io ti prego che tu mi dichi in che sta la perfetta letizia".

E san Francesco gli rispose così: "Quando leggessimo sul giornale della mattina che la Santa Sede si opponesse alla depenalizzazione dell'omosessualità nello mondo intero e il giorno seguente venire a sapere che non firmasse nemmeno la convenzione per i diritti dei disabili, e noi perseverassimo nell'amore per nostra madre Chiesa senza esitazione alcuna, e sopportassimo tutte le ingiurie che per suo conto ci venissero giustamente e legittimamente fatte, così che noi non ne avessimo alcun merito a sopportarle, ma pregassimo con intensità ancora più forte che lo Santo Spirito la ricolmi con ancora maggiormente di quanto faccia già ora; o frate Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia."