domenica 31 marzo 2013

Verità e certezza

Il motto dell'Ordine dei Predicatori è una sola parola: Veritas, una parola che spaventa e affascina. Quante stragi sono state compiute in nome di verità o di ciò che ci è stato spacciato come tale! eppure ognuno di noi la ricerca e vorrebbe conoscerla. Quando crede di averla trovata, la difende e cerca di convincere gli altri. Senza verità non ci sarebbe discorso possibile e tutto si liquefarebbe nell'indistinto, nel contingente, nel discrezionale. Non sarebbe più possibile prendere una decisione, perché le conseguenze delle nostre scelte sarebbero aleatorie; non si potrebbe più combattere per una causa, perché varrebbe tanto quanto tutte le altre e cioè nulla; non si potrebbe più parlare, perché le nostre parole non avrebbero alcun significato.

La verità è anche una tentazione. Vorremmo renderla una nostra proprietà privata, a nostra esclusiva disposizione. Vorremmo essere giudici del vero e del falso. Vorremmo non avere mai bisogno di cambiare idea. Se questo atteggiamento è possibile, anzi necessario, per tante piccole verità quotidiane, diventa immediatamente blasfemo, quando questa verità è Dio in persona.


Come si può possedere Dio? Non si può. Dio è una verità che ci sorpassa, sempre. Ci chiama fuori di noi stessi ad una continua conversione. Il nostro compito è di ricercarla, senza soste e con il massimo di disciplina e rigore. Dobbiamo farci punzecchiare dal dubbio, che, come dice fra Giuseppe, è la gelosia del vero. Dobbiamo essere senza pietà nello scartare ciò che ci sembrava vero ed invece si è rivelato falso e non dobbiamo accontentarci nemmeno di verità certissime: vanno lucidate e rese splendenti, come oro purissimo. E quando abbiamo strofinato ben bene, dobbiamo cominciare di nuovo. E' un lavoro di gomito e di fino, che va perseguito senza sosta. La verità, quando si tratta di Dio, è roba da perfezionisti, da esploratori, da maratoneti.

La verità è faticosa, ma, davvero, qui chi si ferma è perduto.

Purtroppo, molti rinunciano. Si accontentano di una verità contraffatta, della sensazione della verità. Si accontentano di un'illusione. Molti barattano il sudore della verità per la comodità della certezza.

La certezza, infatti, non ti pungola, non ti fa sudare, non ti fa sentire incompleto e imperfetto, non ti costringe a fare domande. Al contrario, ti dà sicurezza e solidità. Cullati dalle nostre certezze, possiamo riposare beati. Nulla ci può più scalfire, anzi, nella nostra sicumera, brandiamo le nostre certezze come clave e meniamo fendenti a destra e a manca. Il guaio è che, intorpiditi dalla certezza, diventiamo stupidi. Un cervello fuori allenamento si rattrappisce e diviene incapace di cogliere, riconoscere e apprezzare la verità, quando essa si presenta a noi in tutta la sua potenza, come un tuono, come una folgore, come un terremoto. Immerso nella formaldeide di indiscutibili certezze, il cervello diventa inadeguato alla verità. Ecco, il castello delle nostre certezze non può essere più rimodellato, ampliato, adattato. Al massimo può essere ridotto in macerie.

Ma su queste macerie non si potrà più ricostruire.



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