Ho avuto il privilegio di trascorrere i primi sei giorni di gennaio in Terra Santa. Penso sia un modo molto speciale per iniziare l'anno, nella speranza che continui così: sulle orme di Cristo.
E' stata la mia prima volta e tutto era nuovo. Ecco le considerazioni di un pellegrino di primo pelo:
1. A parte Gerusalemme, in Terra Santa non c'è nulla che valga la pena vedere per sé: un lago inquinato e un fiume acquitrinoso; quattro ruderi romani e tante brutte chiese degli anni '30; colline spelacchiate, sabbia, sassi. Eppure tutto è meraviglioso, tutto acquista senso, bellezza e interesse perché viene visto con gli occhi della fede: quello è il mare su cui ha camminato Gesù, quello è il fiume in cui è stato battezzato, quelle sono le pietre su cui ha camminato quando era ragazzo o nelle sue ultime ore di vita, quella è la collina su cui ha predicato o pregato, quello il deserto dove pregava.
2. Forse in nessuno altro posto al mondo si può comprendere così chiaramente cosa significhi la Tradizione della Chiesa. Ci si chiede perché proprio quella grotta sia stata identificata come quella in cui viveva Maria oppure come si sia stabilito che proprio quelle fondamente siano appartenute alla casa di Pietro. Si pensa, magari, ad una scelta casuale, fatta perché un posto bisognava pur trovarlo. E invece si scopre una tradizione che trova le sue radici fin dal primo secolo e che ha guidato i pellegrini proprio in quei luoghi. E' quella la Tradizione che, assieme agli atti e alle parole di Cristo, ci ha tramandato anche la memoria dei luoghi dell'Incarnazione.
E che emozione nello scorgere a mala pena quel chaire Maria, "Ave Maria", inciso su una pietra a Nazareth, da un pellegrino così provvidenzialmente maleducato!
3. La storia di un popolo è scritta nel suo carattere. La tenacia e l'aggressività che hanno permesso ad Israele di sopravvivere millenni tra egiziani, romani e tedeschi ti vengono sbattute in faccia, oggi, in un paese occupato militarmente, tra giovani soldati con il mitra a tracolla che spuntano ad ogni angolo della città vecchia oppure ai check-point oppure a guardia di quello sterminato muro...
In Terra Santa capisci anche la storia della chiesa orientale, le sue dispute teologiche, i colpi di mano ai concili, le risse furibonde nelle chiese. Nei religiosi posti a guardia del Sepolcro si scorge ancora il cipiglio dell'indistruttibile Atanasio o di Cirillo il terribile... Capisci che con quegli omoni rudi e dalle barbe ispide e lunghe non poteva andare altrimenti.
4. Il Santo Sepolcro, quindi. Il luogo in cui tutta la cristianità si ritrova, costretta insieme non da slanci ecumenici, ma dalla foga di vedere e toccare la tomba del Signore. Convivono lì, in pochi metri quadrati, francescani e ortodossi, armeni e copti. Non è una convivenza facile, anzi è una lotta continua, combattuta a colpi di organo e incenso, che si sovrappongono e tentano di cancellarsi e che, alla fine, generano un caleidoscopio liturgico estraniante e psichedelico.
Poi ci sono i pellegrini, che si mettono in code, che diventano resse snervanti per un attesa tanto lunga quanto, all'apparenza, incomprensibile. Man mano che ci si avvicina al sepolcro si comincia, però, a capirne le ragioni. Alla lapide si accede attraverso una porticina stretta, oltre la quale lo spazio è angusto e buio. Poche persone possono fermarsi contemporaneamente e poi devono sgomitare per uscire. Il traffico è regolato da un monaco a volte fin troppo paziente con le devote che lì ci passerebbero una giornata intera, incuranti di chi aspetta alle loro spalle, a volte fin troppo impaziente con chi non ha nemmeno il tempo di inginocchiarsi per sussurrare un amen, alleluia. Il flusso dei fedeli, poi, si interrompe ed, ecco, apparire le file dei monaci che recitano il vespro. Prima i latini, poi i greci, poi gli armeni, ciascuno con la propria processione, con la propria liturgia, con i propri canti.
Finalmente, dopo innumerevoli interruzioni e avanzando a passo di lumaca, si giunge al Sepolcro. Si chiudono gli occhi e già si accalcano quelli che vengono dietro.
Sebbene possa apparire come una pratica fastidiosa e
irrispettosa per chi ha attraversato gli oceani per venerare il luogo in
cui Tutto ha avuto inizio, i monaci, evidentemente, tengono al fatto che il Sepolcro rimanga un luogo officiato e non un semplice posto di passaggio buono più per turisti e curiosi che per pellegrini.
Il Santo Sepolcro è stato lo scrigno che ha visto la resurrezione di Cristo. Ora è lo scrigno in cui la Chiesa universale si ritrova in un corpo a corpo di tradizioni e spiritualità. Bisogna trascorrerci, quindi, un giorno intero, e non come turisti, ma in preghiera, lasciandosi trasportare dalle preghiere che da lì salgono al cielo, preghiere in lingue e melodie insolite e strane, senza fretta di vedere, ma con la calma e la serenità di chi ha tutta l'eternità davanti.
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