Ore 10.00
Da Bab-el-Nasr parte una strada polverosa su cui si affacciano le botteghe dei saldatori e dei lavoratori della latta, scavate come grotte tra le solide pietre dei fatimidi o tra il fragile cemento di Mubarak. Alle dieci di mattina la strada di Bab-el-Nasr è deserta, il sole batte a picco e il vento fa rotolare polvere, sabbia, sacchetti di plastica. I cani randagi che presidiano la Porta, le capre cercano il rifugio dell'ombra e c'è un cavallo, nascosto tra una toilette chimica e il muro di cinta della scuola elementare.
Dietro un portone semichiuso di legno massiccio di un antico palazzo, si nasconde un desolato labirinto di scale e di vicoli di calcestruzzo e ferro, che incorniciano il piccolo cortile interno. Sacchetti di patatine, pacchetti di sigarette, erba, gatti luridi e arruffati, tappi di bottiglia, nylon e bustine di thè sono abbandonati per terra. Non c'è anima viva, se non il custode, baffuto, panzuto, con un gilet di pile sulle spalle e un berretto di lana in testa, rintanato nel suo sgabuzzino, tappezzato di manifesti del generale Abd El-Fatah El-Sisi ad ascoltare la lettura del santo Corano.
All'ultimo piano c'è una terrazza con tante piante di cactus tra i tavolini di vimini. ed è lì che io mi arrampico ogni mattina per andare a imparare l'arabo.
Ore 13.00
Al canto stridulo del muezzin della piccola moschea di Bab-el-Nasr, lascio la scuola per tornare in convento. Sotto un sole cocente, il palazzo prende vita. I rifiuti sono spazzati, le porte degli stanze si aprono: sono studi di artigiani ed artisti. Chi dipinge forme astratte su tele e pale, chi intaglia il legno e i metalli, chi forgia collane ed anelli.
Qualche bambino corre qua e là, nel cortile sono disposte alcune file di shisha impacchettate in buste di plastica trasparente. A loro guardia c'è un vecchio sdentato che succhia dal narghilè. Poco lontano, all'ombra del portico, un gruppo di giovani fuma sigarette e beve del thè.
Ore 18.00
Il sole sta per tramontare. La via di Bab-el-Nasr è invasa da motorette schioppettanti, macchine, asini, uomini e donne. Ai lati della strada si sorseggia thè e shisha e si guarda lo spettacolo della gente che passa.
Oltre la grande porta di legno si lavora alacremente. Il palazzo è attraversato dalle scintille e dai muggiti delle macchine. Al secondo piano si filano i tubi, che vengono stesi su corde tirate da una parete all'altra, oppure al corrimano dei balconi interni, come panni stesi ad asciugare. Nelle stanze più buie e nascoste, dischi di latta vengono infilati ad un asse rotante e, costrette dalle chiavi inglesi e dalle abili mani di Ahmed, assumono la forma di cuori di shisha e di vassoi e di valvole che verranno, poi, saldate insieme a creare una nuova shisha.
Al centro del palazzo, rinchiuso a doppia mandata da una pensate porta di ferro, un piccolo tesoro di shishe di ogni grandezza e dalle forme più improbabile e kitsch, bolle con lo stemma del Barça o lo scudetto dell'Italia, caratteri arabi e ornamenti orientaleggianti.
Ore 24.00
La luna è alta, l'aria è fresca se il vento soffia da settentrione. Quando il portone massiccio si chiude. Cosa succeda nel palazzo, da quali fantasmi e da quali sogni sia abitato, non è dato sapere.
Da Bab-el-Nasr parte una strada polverosa su cui si affacciano le botteghe dei saldatori e dei lavoratori della latta, scavate come grotte tra le solide pietre dei fatimidi o tra il fragile cemento di Mubarak. Alle dieci di mattina la strada di Bab-el-Nasr è deserta, il sole batte a picco e il vento fa rotolare polvere, sabbia, sacchetti di plastica. I cani randagi che presidiano la Porta, le capre cercano il rifugio dell'ombra e c'è un cavallo, nascosto tra una toilette chimica e il muro di cinta della scuola elementare.
Dietro un portone semichiuso di legno massiccio di un antico palazzo, si nasconde un desolato labirinto di scale e di vicoli di calcestruzzo e ferro, che incorniciano il piccolo cortile interno. Sacchetti di patatine, pacchetti di sigarette, erba, gatti luridi e arruffati, tappi di bottiglia, nylon e bustine di thè sono abbandonati per terra. Non c'è anima viva, se non il custode, baffuto, panzuto, con un gilet di pile sulle spalle e un berretto di lana in testa, rintanato nel suo sgabuzzino, tappezzato di manifesti del generale Abd El-Fatah El-Sisi ad ascoltare la lettura del santo Corano.
All'ultimo piano c'è una terrazza con tante piante di cactus tra i tavolini di vimini. ed è lì che io mi arrampico ogni mattina per andare a imparare l'arabo.
Ore 13.00
Al canto stridulo del muezzin della piccola moschea di Bab-el-Nasr, lascio la scuola per tornare in convento. Sotto un sole cocente, il palazzo prende vita. I rifiuti sono spazzati, le porte degli stanze si aprono: sono studi di artigiani ed artisti. Chi dipinge forme astratte su tele e pale, chi intaglia il legno e i metalli, chi forgia collane ed anelli.
Qualche bambino corre qua e là, nel cortile sono disposte alcune file di shisha impacchettate in buste di plastica trasparente. A loro guardia c'è un vecchio sdentato che succhia dal narghilè. Poco lontano, all'ombra del portico, un gruppo di giovani fuma sigarette e beve del thè.
Ore 18.00
Il sole sta per tramontare. La via di Bab-el-Nasr è invasa da motorette schioppettanti, macchine, asini, uomini e donne. Ai lati della strada si sorseggia thè e shisha e si guarda lo spettacolo della gente che passa.
Oltre la grande porta di legno si lavora alacremente. Il palazzo è attraversato dalle scintille e dai muggiti delle macchine. Al secondo piano si filano i tubi, che vengono stesi su corde tirate da una parete all'altra, oppure al corrimano dei balconi interni, come panni stesi ad asciugare. Nelle stanze più buie e nascoste, dischi di latta vengono infilati ad un asse rotante e, costrette dalle chiavi inglesi e dalle abili mani di Ahmed, assumono la forma di cuori di shisha e di vassoi e di valvole che verranno, poi, saldate insieme a creare una nuova shisha.
Al centro del palazzo, rinchiuso a doppia mandata da una pensate porta di ferro, un piccolo tesoro di shishe di ogni grandezza e dalle forme più improbabile e kitsch, bolle con lo stemma del Barça o lo scudetto dell'Italia, caratteri arabi e ornamenti orientaleggianti.
Ore 24.00
La luna è alta, l'aria è fresca se il vento soffia da settentrione. Quando il portone massiccio si chiude. Cosa succeda nel palazzo, da quali fantasmi e da quali sogni sia abitato, non è dato sapere.
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