Non tutte le terapie sono, però, uguali. Ad esempio, ci sono terapie finalizzate a prolungare la vita di una persona in fin di vita, come quelle che Giovanni Paolo rifiutò. E ci sono terapie finalizzate a mantenere in vita persone che altrimenti non sopravviverebberò, come per Eluana Englaro.
In questo secondo caso non ci può essere accanimento terapeutico (dove l'accento è posto su accanimento, come ha notato giustamente azioneparallela). Se accanimento terapeutico significa adottare misure mediche velleitarie, senza nessun beneficio per il paziente, allora terapie come la nutrizione forzata non sono certamente definirsi velleitarie e il loro beneficio per il paziente irrilevante, a meno di non definire irrilevante la vita stessa.
Accanimento o no, resta da capire se un paziente sia obbligato ad accettare una terapia. Sicuramente questo diritto non è assoluto. Nel caso di emergenze per la salute pubblica, ad esempio, certe terapie potranno essere legittimamente imposte anche a chi non le volesse. Ma questo non è il caso di Eluana Englaro, o di Piergiorgio Welby.
Un obbligo legale ad essere il più sani possibile sicuramente non c'è. Ogni persona ha sicuramente il diritto di accettare o rifiutare cure e terapie, una volta che è stata adeguatamente informata ed è libera di assumersi la responsabilità sulle conseguenze delle proprie scelte. In fin dei conti è proprio questo il sale della democrazia: ciascuno è il miglior giudice del proprio bene.
La posizione di alcuni prelati, secondo cui la persona non avrebbe un diritto ad autodeterminarsi, sarà anche legittima, ma, oltre a rendere la libertà di coscienza (fortemente affermata dal vaticano secondo) un inutile feticcio, è in contrasto teorico (e non solo) con l'idea stessa di democrazia.
Esiste invece un obbligo morale? La vita ci è stata affidata e noi siamo liberi di amministrarla come meglio crediamo. Le prime vittime di un'amministrazione cattiva siamo, in primo luogo, noi stessi. Rinunciare a vivere non è, in linea di massima, un modo buono di amministrare la vita. E', però, difficilissimo definire una regola o una casuistica sempre valida: troppo dipende dalle circostanze particolari in cui ci si trova. Attaccarsi al sondino potrebbe essere sia una grande testimonianza di speranza, staccarsene di generosità e fiducia in Dio. Qui dovrebbe valere la massima di Sant'Agostino: ama e fa ciò che vuoi. Lo stesso magistero della Chiesa sembra(va) lasciare un discreto margine di discrezionalità.
Il problema è: come lo scrivi un testamento biologico se non conosci i particolari della situazione in cui ti verrai a trovare? O come si può decidere di una cosa del genere senza tenere in considerazione la famiglia e la comunità dei propri cari? Ecco, tenetemi il sondino finchè la mia assistenza non sia troppo onerosa per la mia famiglia, o finchè per curare me non si riduca l'assistenza a qualcun altro.
13 commenti:
Interessante sito (parla anche della mia Sardegna e rigira il coltello nella piaga!).
Ma non di questo voglio dire, ma del t.biol.; in sintesi:
1. tutti o quasi tutti, dopo il caso Englaro hanno chiesto una legge sulla fine-vita;
2. la proposta di legge della maggioranza viene criticata (dal Foglio del 20 febbr.!) perché rischia di creare un’etica di stato, che sembra limitare di molto la libera facoltà del soggetto di decidere della propria vita;
3. le motivazioni della critica è in nome del “primato della carità sul diritto”: affermare questo primato per legge è già, secondo il Foglio, accettare il principio della “libertà per il nulla”;
4. anche per me la scelta di legiferare è molto rischiosa;
5. infatti, ogni relazione umana ha proprie leggi e una propria “giurisprudenza”, che non vanno confuse con le norme scritte; è come le due città di S. Agostino (il paragone non è mio ma dello psicanalista G. Contri): l’ambito della relazione personale ha una politicità e una giuridicità PROPRIE, da non confondere con quelle dello stato: è un diritto “altro”;
6. l’ambito bioetico in generale, ma questo in particolare, è l’ambito dove i rischi di confusione sono più gravi;
7. infatti, se la legge dello Stato si sovrappone, confonde, spregia e sfregia questo diverso ordine politico-giuridico, crea un’etica di stato aberrante, fosse pure la più garantista e libertaria: perché nullifica un ambito che non gli appartiene;
8. ma quando uno abdica alla propria competenza giuridica “altra”, facendosela espropriare dallo Stato, anzi “pretendendo” questo esproprio, si rischia di cadere nella condizione ben nota come “querulomania” (vedere questo link http://www.giacomocontri.it/testi/Trattato%20psicopatologia/04-psicopatologia.htm );
9. psicologicamente parlando, la “querulomania” è il tentativo di far propria e far valere di fronte a tutti, per legge, l’esautorazione della propria “competenza in pensare, sapere, udire e vedere” (sempre Contri);
10. “per legge”, diventa il motto di ogni rapporto umano;
11.il caso in questione è la conferma: giustamente Contri dice “l’antefatto di ogni patologia è un contenzioso”;
12. un contenzioso che conduce alla negazione di ogni rapporto umano: “equivale al taglio degli alimenti”, di ogni alimento (assolutamente profetici!: si collegano idealmente col titolo del Foglio: “Voglio morire, per legge”).
ciao luca, stavo guardando questo filmato (a mio avviso molto interessante) e alcune cose mi hanno rimandato a te e alle tue posizioni (mi capita di leggere i tuoi commenti da berlic), posizioni che molte volte condivido e che sempre, comunque, mi fanno pensare.
ti posto il link, forse conosci già il personaggio:
http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=ottoemezzo&video=4210
ti linko anche una sua intervista a proposito di eluana:
http://www.nntp.it/cultura-religioni/1560217-vito-mancuso-teologo-non-omicidio-n-eutanasia-vorrei-che-la-chiesa-si-esprimesse-con-pi-prudenza.html
qui nutro più di una (grossa) perplessità, ma su alcuni punti sono anche d'accordo. avere certezze su questi argomenti, purtroppo (o per fortuna?), almeno per me, non è cosa facile.
ciao
Tabori
grazie tabori. nel weekend ci do un'occhiata... non ora che sono al lavoro.
ti linko anche questo:
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/07/21/eluana-e-il-padre-celeste-di-vito-mancuso/
(non è mia intenzione "sponsorizzare" mancuso o altro, anzi, ammetto di averlo scoperto da pochissimo e di non sposare in toto le sue teorie... però devo dire che trovo il suo pensiero molto interessante, e affine al mio in svariati punti; è curiosa anche la diatriba tra chi lo ha già liquidato come eretico e chi invece, come me, è lieto di assistere ad un dibattito all'interno della SUA chiesa, considerandolo come un fatto positivo - idea che per sua stessa natura, secondo i primi e i più intransigenti, già di fatto mi impedirebbe di definirmi cattolico. forse è il caso di arrivarci in fondo a questa annosa diatriba...)
Tabori
Dal che si mostra che Tabori e Tabor niente hanno a che vedere.
gli articoli li avevo già letti.
la puntata di ottoemezzo in cui ferrara spiega la teologia a mancuso invece no. è stata molto divertente devo dire.
nel merito, confesso che in questo periodo mi sembrano tutti a rischio di pelagianesimo (mancuso, ma anche certi cardinali). le parole più belle le ha dette quando si è attenuto alla tradizione della chiesa.
grazie ancora per le imbeccate.
Sì, è possibile. Pelagianesimo da una parte e, in alcuni casi, fariseismo dall'altra. Come ho già detto quel che più mi colpisce, e un po' mi irrita, e un po' mi spaventa, è la smania di voler etichettare o mettere a tacere la minima voce dissonante, per quanto rispettosa e intellettualmente sincera. Preferirei di gran lunga un confronto serio basato su risposte nel merito. Non parlo di Mancuso in particolare, è un discorso più generale, è una sensazione che si avverte troppo spesso, e mi pare che la battutina al commento 5 ne sia l'ennesima prova (ma forse mi sbaglio). Questo modo di vivere la religione personalmente non mi esalta. Auspico per me stesso di poter riconoscere ancora oggi il buon samaritano, senza il maledetto paraocchi del pregiudizio, come del resto hai ben raccontato nel tuo ultimo post.
Tabori
(che effettivamente nulla c'entra con Tabor)
oggi su repubblica c'era una risposta di amicone a mancuso. al di là del merito, la violenza dei toni era da far accapponare la pelle.
ai rischi che, come chiesa, corriamo oggi aggiungerei pure un ritorno al monolitismo: niente dibattito interno, e tutti dietro un pensiero unico calato dall'alto. su questo hai sicuramente ragione.
cmq. niente paura, lo spirito lavora nella storia. a dimostrazione di ciò è stato il costante recupero di teologi che nel loro tempo erano stati emarginati. da rosmini a lubac a congar.
Vito Mancuso è per niente fuori dal giro; per come fa televendite e' diventato la vannamarchi della teologia, le iniziali coincidono
hagrid e amicone saranno violenti ma sono invece troppo inc. per essere diplomatici con simili obbrobri
ma se proprio volete uno che gliele canta con dolcezza
leggete questo arcivescovo della FSSPX
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/189243
hagrid, la mia opinione su quel poco del pensiero di mancuso che conosco l'ho espressa in un mio commento e, pare non sia tanto diversa da quelle riportate da magister. lo stesso, mi pare, valga per tabori.
detto questo, un atteggiamento positivo nei confronti del dibattito teologico e non solo mi pare sia quello di ascoltare attentamente le ragioni del tuo interlocutore, per vedere se lui non sia riuscito a vedere un pezzo di verità che a te, magari, era sfuggito. E poi replicare nel merito, con obbiettività, rispetto e carità.
questo, credo fosse anche il modo di far di s.tommaso. insulti, facili accuse di eresia e inviti al silenzio sono, invece, confondere fede ed ideologia.
Luca, perfettamente d'accordo con te
Tabori
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