Chissà se ne ha mai parlato un qualche maestro di spiritualità - magari Pacomio
o Agostino o forse Bossuet... in fin dei conti si tratta di una delle più infide insidie per la vita consacrata. Mi sto riferendo al vizio di etichettare il nostro prossimo. Come per ogni vizio si inizia con poco, ma si rischia di finire davvero male.
Per quanto ne posso capire io, il vizio delle etichette ha uno sviluppo in tre fasi:
1. In principio c'è il nostro primordiale bisogno di mettere in ordine il mondo. A questo scopo prima creiamo delle categorie, impilate secondo ordine e grado, poi infiliamo chiunque capiti sotto la nostra visuale nella categoria giusta - come bulloni e viti nella cassetta degli attrezzi -, infine ci preoccupiamo di appiccicare a ciascuno una bella etichetta, in modo che non ci scappino mai e che noi sappiamo sempre dove sistermarli. Dulcis in fundo, in modo che proprio nessuno fugga all'ordine che abbiamo imposto al mondo, ci mettiamo la nostra bella etichetta addosso e ci tuffiamo nella nostra confortevole scatoletta. E mi riferisco, per dirla con le parole dell'Apostolo delle genti senza tante parafrasi, al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io
invece sono di Apollo», «E io di Cefa», «E io di Cristo!» [1Cor 1,12].
Al termine di questo complicato processo, davanti ai nostri occhi scompare la realtà caotica e compare un cosmo preciso e ordinato come la cassettiera della nonna Maria.
2. Poco male, direte voi... E invece no! perché, in tutto questo incasellare ed etichettare, abbiamo perso di vista le persone vere, concrete, quelle in carne e ossa, irriducibili alle nostre pur raffinatissime categorie.
Smettiamo ci confrontarci con individui unici, originali, irripetibili e imprevedibili e incominciamo ad interagire con maschere prodotte in serie, automi ripetitivi e prevedibili, con la loro bella etichetta sulla fronte.
3. Ma il vero patatrac accade all'ultimo passaggio, quando al nostro hobby delle etichette si aggiunge la nostra passione per il dividerci in bande. Fedeli alla ferrea logica dell'amico-nemico, a questo punto nulla ci può più trattenere dal giocare alla guerra. A volte ci scappa il morti, ma i frati - provvidenzialmente - non sono i ragazzi della via Pal e l'unica vittima che può capitare in un convento è la vita fraterna. Sembra poco, ma è quasi tutto.
Non essendo un maestro di spiritualità, non sono in grado di proporre soluzioni a questo grave problema. Non rinuncio, però, a suggerire qualche rimedio, di cui ogni lettore valuterà la sensatezza e l'efficacia:
1. se si è troppo ordinati, abituarsi ad un po' di disordine, cercando il giusto equilibrio tra caos e cosmo e incominciando dalla propria cella;
2. se alcuni confratelli sono troppo ordinati, abituarli ad un po' di disordine, cercando il giusto equilibrio tra caos e cosmo, ma solo dopo aver chiesto il permesso al priore;
3. raccontare ai confratelli, con molta prudenza e pudore, la propria storia personale e di fede;
4. farsi raccontare dai propri confratelli la loro storia personale e di fede, ed evitare assolutamente di spiattellarla al vicino il giorno successivo;
5. condividere la lectio divina;
6. condividere sigari, pipe, narghilè e calumet della pace;
7. andare - qualche volta - al pub in compagnia.
Ogni altro suggerimento è benvenuto.
Reading list: Schmitt, Il concetto del politico, Molnar, I ragazzi della via Pal
4 commenti:
Mitico ;)
Una soluzione al problema è quella di insegnare ai tuoi confratelli ad avere una "mente consapevole"!
Vedi "la nostra esperienza del mondo è mediata dalla creazione di categorie e dalla distinzione fra di esse (- questo è un vaso cinese, non giapponese - no, è solo un principiante - ora lei è diventata il suo capo -). In questo modo noi ci costruiamo un’immagine del mondo e di noi stessi.
Senza categorie il mondo dà l’impressione di sfuggirci. La creazione di nuove categorie è un'attività consapevole. L'inconsapevolezza comincia quando ci si affida in modo troppo rigido a categorie e distinzioni create in precedenza (maschile/femminile, vecchio/giovane, successo/fallimento). Una volte create, le distinzioni assumono una vita propria. Le categorie da noi create acquistano impulso e poi è molto difficile eliminarle.
Noi costruiamo le realtà nostre proprie o quelle che condividiamo con gli altri, e poi diventiamo loro vittime; senza più renderci conto che esse sono semplici costrutti, idee.
Essere inconsapevoli significa essere intrappolati in un mondo rigido in cui certe creature appartengono all'Imperatore, il cristianesimo è sempre buono, certe persone appartengono per sempre alla categoria degli intoccabili e le porte sono sempre porte."
Tratto da "La mente consapevole" - Ellen J. Langer
To soon
by fra Flip
PS: Per sapere come ottenere consapevolezza... leggi il libro!!!
;)
in alternativa ci potremmo insegnare a vicenda(i miei confratelli ed io) ad essere consapevoli di avere una mente!
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