Il terremoto della scorsa primavera ha scosso frati e convento. Confratelli vicini e lontani hanno pregato per noi e si sono informati delle nostre condizioni... abbiamo rassicurato tutti: le statue dell'Arca stanno tutte bene e i frati anche.
Il terremoto ha smosso solo un po' di polvere accumulata tra i cornicioni e i lampadari e che si è depositata lungo i corridoi - polvere tanto antica, che a stento siamo riusciti a trattanere il padre Boschi, che è l'archeologo conventuale, dall'aprire uno scavo.
Più gravi e drammatiche sono state le conseguenze del terremoto nel resto dell'Emilia: chiese, case, fabbriche, municipo distrutti e danneggiati. 27 morti. Dalle chiese senza più tetto si alzava una lamentazione verso il cielo e tra le macerie serpeggiava la domanda: "perché?"
Il cardinal Caffarra ha scritto una lettera commossa alla sua diocesi e a tutte le vittime del sisma per tentare di rispondere ed esortando a cogliere la tragedia che ha colpito l'Emilia come "un invito rivolto a tutti, senza eccezioni, a convertirci." Un invito, più precisamente,
- a "non perdere mai la coscienza della nostra fragile condizione di creature",
- a discernere "fra i beni che passano e i beni che restano e che nessun terremoto può distruggere",
- a tornare "al Signore con profondità di fede, e «non (…) chiameremo più dio nostro il lavoro delle nostre mani» (Osea, 14, 4)",
- e, infine, "a ripensare le ragioni che ci fanno convivere nella stessa città, a riflettere sulla qualità della nostra appartenenza alla Chiesa".
Il male dell'altro noi lo possiamo conoscere solo come lamentazione e accusa, ma sentirlo nostro, conoscerlo davvero, è cosa impossibile, tanto è intrecciato al vissuto personalissimo di chi soffre. Potremmo provare simpatia e compassione, portare conforto e consolazione, ma rispondere alla domanda "perché io soffro?" no, questo non ci è dato: perché tu soffri, io non lo so. Così ognuno pare condannato a soffrire in solitudine, nella misura in cui ogni sofferenza è unica e irripetibile e particolare (e del particolare - questa è la terribile sapienza dei metafisici - non si dà conoscenza).
A noi, che siamo di fuori, non resta che tacere e pregare e socchiudere gli occhi per intravedere il Crocifisso.
Bibliografia: Ricoeur, Il Male.
2 commenti:
Ho i brividi...
Grazie,
Gabriele
allora devi chiudere la finestra ! ;P
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