venerdì 13 febbraio 2009

Un pendolare monello

1. Bolzano-Trento, in macchina.
Di questi tempi sono abituato a sentirmi un fuoco di fila di domande sulle mie scelte di vita. La cosa non mi dispiace, perchè questi "interrogatori" sono utilissimi per il mio percorso di discernimento e mi danno l'occasione di offrire un diverso punto di vista sul mondo al mio interlocutore. E ormai so quasi tutte le risposte.

L'altro giorno, però, sono stato preso in castagna. "Come concili la tua vocazione con le posizioni politiche del Vaticano?" Sembra una domanda facile, o almeno una di quelle che mi pongo quasi tutti i giorni. Invece ho abbozzato, non sono riuscito ha dare una risposta che convincesse me e la mia compagna di viaggio. Così ci ho pensato sù.

Il fatto è che non mi sono mai posto la questione in questi termini. Prima c'è la mia vocazione, poi, semmai, viene il problema di conciliare le mie idee con l'ideologia di porporati più o meno numerosi.


2. Trento-Bolzano, in treno.

Leggo una breve storia della teologia cattolica. E incappo in una lettera del generale dei domenicani, Umberto di Romans, al confratello Alberto Magno, in predicato di diventare vescovo. Umberto non ha accolto bene la notizia e fa una ramanzina con i fiocchi ad Alberto.
Scrive, tra l'altro:

Chi, mi chiedo, potrebbe credere che, al meriggio della tua vita, tu voglia macchiare così la tua gloria e l'Ordine cui procurasti tanto onore? [...]

Quale secolare, sapendo ciò, non si scandalizzerà di te e di chi emette professione simile alla tua? Come potrà non convincersi, che noi anzichè amare la povertà la sopportiamo fino a che non ce ne riesce di sottarcene? No, non ti smuovano, ti scongiuro, i consigli e gli inviti dei prelati e della Curia Romana: tutte queste moine si trasformeranno presto in burle e derisione! [...]

Considera attentamente quello che è accaduto a coloro che si sono lasciati trascinare a simili posti. Quali sia stata la loro reputazione, quali i risultati, quale la loro condizione, quale la loro sorte. Ripensa bene in cuor tuo quanti ostacoli e difficoltà si incontrino nel reggere la diocesi della Germania, e quanto difficile sia evitare l'offesa di Dio e degli uomini. [...]

Ah, potessi io vedere il mio figlio prediletto posto nella bara piuttosto che sulla cattedra vescovile!
Ecco, io sarò spesso molto critico nei confronti della curia vaticana, ma un'idea così negativa di un vescovo -giuro- non l'ho mai avuta. Ecco, dopo questa lettura, mi son sentito addirittura uno "fedele alla linea"... magari solo un po' monello.

3. Bolzano, a casa.
Il problema, credo, non è essere d'accordo in tutto e per tutto con ogni sciocchezza che esce dalla bocca di un cardinale. Il problema che ogni dissenso interno alla Chiesa deve essere motivato nel promuovere la verità e deve essere mosso in spirito di umiltà e unità (non certo di monolitismo o conformismo).

A volte, poi, viene il sospetto che quelli al di fuori del magistero della Chiesa siano proprio i cardinali.

Alcuni di loro, è notizia di oggi, minacciano scomuniche a destra e a manca (come se, una volta descomunicati quattro che rifiutano un concilio intero e non riconoscono l'autorità di tutti i papi che lo hanno seguito, la minaccia avesse una qualche credibilità), oltre a confondere indefessamente la non tanto sottile distinzione tra peccato e reato ed essere privi del più piccolo straccio di sensibilità umana. Poi, uno prende in mano il catechismo, dove è scritto che:
Lo stato demcratico, fatte salve le necessità dell'ordine pubblico, non interferisce nella sfera delle scelte personali. Si tratta di un'evoluzione sostanzialmente positiva, conforme alla concezione cristiana dell'uomo. Gli uomini sono tenuti a cercare e ad accogliere la verità; ma deovono farlo liberamente, attraverso l'educazione e il dialogo, secondo la loro dignità di persone e la loro natura sociale. La coscienza va rispettata anche quando sbaglia.
Non ho trovato, invece, alcun passo che specificasse che l'alimentazione forzata non sia un trattamento sanitario (che, sempre secondo il catechismo, possono essere rifiutate quando siano enormemente costose e senza consistenti vantaggi per il paziente, visto che il malato ha diritto di morire cond dignità).

Ognuno può pensare quel che vuole, ma certi alti prelati dovrebbero evitare che la loro pur autorevole opinione venisse confusa con l'insegnamento della Chiesa. Rischiano, come minimo, di peccare d'orgoglio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Luca, qui (e in altri post)affronti argomenti che a lungo hanno inquietato anche me. Non ho risposte, ho riflessioni simili alle tue. Ma un po' alla volta mi sono abituata a lasciar perdere: non considero più così importante definire in modo preciso la mia appartenenza alla chiesa istituzione. Vivo pure altre situazioni in cui mi sento una specie di irregolare, ma le ho accettate, sentendomi molto "mondo" che Gesù è venuto a salvare. C'è una specie di nudità in certe situazioni, che ci fa bene. Si capisce senza molti sforzi di "umiltà", anzi si sente, che si è semplici creature e che è lo Spirito che "con gemiti inenarrabili grida in noi 'Abba, Padre'". Si sente che la fede è un dono e non una nostra conquista, che è una vita che ci troviamo dentro, chissà come e perchè, senza spiegazioni sufficienti. So che mi capisci.
Tornerò più spesso a farti visita, ciao.

luca ha detto...

hai sicuramente ragione.
siamo un solo corpo, tenuto insieme dallo Spirito, quindi di che preoccuparsi: business as usual.

però mi sta venendo il dubbio che quello in contraddizione con il magistero della chiesa non sia io.

un caro saluto