Quello a cui stiamo assistendo non è un vero scontro tra stato e chiesa. Ce ne fu uno vero e molto virulento durante tutto l'ottocento. Allora la questione era davvero la laicità, dove, cioè, dovessero intercorrere i confini tra il potere politico e il potere ecclesiastico. Se il Papa pubblicava sillabi e non possumus, i governi chiudevano chiese, scioglievano ordini religiosi e confiscavano patrimoni.
Ora, nonostante gli allarmismi, la laicità non è davvero all'ordine del giorno. Lo scontro di questi giorni non è una riedizione di battaglie già combattute e decise. Si tratta di un conflitto nuovo nel campo aperto dalle nuove tecnologie della vita. E' uno scontro per stabilire dove passeranno i confini della libertà individuale e dell'autodeterminazione del singolo, della ricerca scientifica e delle seguenti commercializzazioni, dell'intervento medico o della sua astensione.
Le differenze tra questo scontro e quello ottocentesco sono palesi e ignorarle equiverebbe a fraintendere la realtà. Una differenza importante è che la chiesa non sta lottando per i propri privilegi. Un'altra differenza cruciale è che alla chiesa non è contrapposta l'isituzione statale, ma dei privati cittadini o dei partiti. Inoltre si tratta di difendere o ampliare non le prerogative dello stato, ma degli spazi di libertà individuale.
In altri termini: è una battaglia di valori interna alla cittadinanza, non di potere tra "cittadinanze qualitativamente diverse", quella terrestre e quella celeste (e non sono sicuro che questo sia veramente un bene: le battaglie di valori sono forse più spietate di quelle di potere).
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