mercoledì 25 gennaio 2012

Una parola sporca

Eresia è un termine che non mi piace. Rahner scrive che "sotto il profilo giuridico-ecclesiastico, eretico è definito colui che, dopo il battesimo, e conservando il nome di Cristiano, ostinatamente si rifiuta o pone in dubbio una delle verità che nella fede divina e cattolica si devono credere". E questo è il significato oggettivo della parola. Ma una parola comunica molto di più di quello che oggettivamente significa: ad essa si lega ad un orizzonte di significati e di riferimenti. Alcune parole hanno una memoria storica ed "eresia" ha una brutta storia.
I domenicani lo sanno bene, dal momento che la storia di questa parola è, in parte, anche la storia di un ordine che nasce nel mezzo della cruentissima crociata contro i catari. In quel contesto il ruolo di Domenico di Calaruega fu ambiguo. Da un lato, non fu impegnato in prima persona, non impugnò nessuna spada e, verosimilmente, non benedì nessun massacro. Dall'altro, fu amico e cappellano del capo del capo della crociata, Simone di Montfort.


Dopo la morte di Domenico, all'Ordine dei Predicatori venne affidato l'ufficio dell'Inquisizione, che fu un sistema violento di difendere l'ortodossia, alla quale vennero sacrificati valori riconosciuti oggi come inviolabili: la vita umana e la libertà di coscienza. Non è un caso che il beato Giovanni Paolo II, riconoscendo la solidarietà che lega i cristiani di oggi con quelli di ieri, si sia addossato la responsabilità dei crimini dell'inquisizione e ha chiesto perdono - e di questo atto di verità io gli dobbiamo essere profondamente grati.


Non si può prescindere da questa pesante eredità storica quando oggi pronunciamo la parola "eresia". E dobbiamo essere consapevoli che quando la pronunciamo noi facciamo pensare alle idee di violenza e intolleranza e così, legandola concettualmente a ciò che non le è proprio, macchiamo quell'idea di verità, che noi vorremmo invece difendere. La situazione si aggrava ulteriormente quando usiamo questa parola con leggerezza, ergendoci a giudici di ortodossia e, non richiesti, prendendoci l'onere di bandire dalla comunità ecclesiale persone di cui non conosciamo il pensiero (e se lo conosciamo, non lo abbiamo capito). Davvero in questi casi sarebbe meglio tacere.

Se, trattando di eresie - non dal punto di vista storico, ma da quello dottrinale - l'esigenza di segnalare l'eterodossia rimane, è tuttavia necessario far trasparire, sempre e comunque, una solidarietà e una carità che in nessun modo possono venir meno.

Reading list: Vicaire, H., Storia di san Domenico

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