
Questi mi paiono i punti fondamentali:
1. Il rigetto delle politiche economiche neoliberiste,
2. la promozione della microimprenditoria agricola,
3. la promozione del microcredito,
4. la promozione di obiettivi sociali diversi dalla crescita del prodotto, quali: educazione, sanità. promozione dell'ambiente e democrazia partecipata.
Alcune considerazioni sono d'obbligo.
1. Non so bene cosa l'onorevole Sentinelli intenda con il termine "economia neoliberista", però mi pare che questa abbia in comune con le politiche proposte dal governo italiano il considerare lo stato come un ente inutile, persino dannoso. Se la triade di Washington preme perchè gli stati africani privatizzino e lascino mano libera al "mercato", la cooperazione internazionale interviene volenterosa ad fornire quei servizi che dovrebbero essere pubblici. Ecco allora che vengono finanziate scuole e ospedali di donatori privati dal cuore d'oro. In questo modo si spezza il legame responsabilità e legittimazione che lega il cittadino con l'autorità pubblica. Si delegittima lo stato.
2. Tra le funzioni scippate agli stati in via di sviluppo non ci sono solo scuole e ospedali, ma soprattutto le politiche industriali. Il ministro Sentinelli detta le linee di sviluppo e priorità per i paesi del terzo mondo: ecosistemi, partecipazione, ogm-free, agricoltura. Chissà se si è consultata prima con i legittimi rappresentanti dei paesi che riceveranno i nostri aiuti o se ha deciso di testa sua.
3. Le nostre politiche di cooperazione sembrano frutto di una ossessione per le cose piccole: piccoli agricoltori, piccoli imprenditori, piccole banche. Io non augurerei a nessuno di diventare un paese di piccole e medie imprese. Basta già l'Italia. E' un mistero anche come ci si possa sviluppare dando supporto all'agricoltura di sussistenza. Per poter finanziare un sistema di supporto sociale efficace c'è bisogno di soldi, quindi di entrate fiscali e di crescita economica. Le entrate fiscali si ottengono solo con imprese regolarizzate (non in nero, cioè), possibilmente poche e grandi. Industrie grandi, oltre a ridurre i costi della raccolta delle entrate fiscali, godono vantaggi notevoli in termine di economie di scala: investono di più, ricercano di più, creano più (plus)valore. Non è forse un caso che la povertà si riduce più in fretta dove aumenta il lavoro dipendente (e non autonomo).
Dove vogliamo andare, invece, con una miriade di piccoli agricoltori che a fatica risparmiano i soldi per mandare figli a scuola?