Quando lavoravo a Londra come assistente in una struttura residenziale per disabili, ogni mattina e ogni sera dovevo distribuire le medicine: pillole, sciroppi e pomate. C'era un orario preciso per farlo, una procedura standard e un registro. La dose per ogni medicina era contenuta in un box con la foto dell'utente in bella evidenza. Impossibile sbagliarsi.
Gli utenti aspettavano le medicine e le prendevano con non curanza. A volte, però, qualcosa girava storto. E uno di loro rifiutava. No! Oggi la pasticca non la voglio! Ma come non la vuoi? Ti aiuta a stare meglio. L'ha ordinata il dottore. Perchè non la vuoi?
Io insisto dieci minuti. Ritorno più tardi. Riprovo. Insisto. Ma se la volontà dell'utente, un disabile con ritardo mentale, è chiara? Non potevo, certo, ingannarlo, sbriciolando la pillola in un bicchiere d'acqua o mischiandola nel purè a cena. Di mandargliela giù per la gola a forza manco a parlarne. Manco se la vita dell'utente era a rischio. Le linee guida erano chiarissime.
Se il medico di base non è raggiungibile, si chiama il centralino del servizio sanitario, per capire quali possono essere le conseguenze sanitarie di un rifiuto della medicina. Se le conseguenze sono gravi, e l'utente proprio non ne vuole sapere, si chiama l'ambulanza.
Poi si torna in ufficio e sul registro delle medicine si scrive: REFUSED.
sabato 28 febbraio 2009
lunedì 23 febbraio 2009
Terapie (quasi un flusso di coscienza)
Terapie sono misure mediche finalizzate alla salute di una o più persone. L'accento della definizione è posto su "mediche". L'alimentazione forzata è sicuramente una terapia, non perchè acqua e cibo siano misure mediche, ma perchè lo è tutto il resto (il sondino, il buco in pancia etc etc, come ha spesso ben spiegato Marino).
Non tutte le terapie sono, però, uguali. Ad esempio, ci sono terapie finalizzate a prolungare la vita di una persona in fin di vita, come quelle che Giovanni Paolo rifiutò. E ci sono terapie finalizzate a mantenere in vita persone che altrimenti non sopravviverebberò, come per Eluana Englaro.
In questo secondo caso non ci può essere accanimento terapeutico (dove l'accento è posto su accanimento, come ha notato giustamente azioneparallela). Se accanimento terapeutico significa adottare misure mediche velleitarie, senza nessun beneficio per il paziente, allora terapie come la nutrizione forzata non sono certamente definirsi velleitarie e il loro beneficio per il paziente irrilevante, a meno di non definire irrilevante la vita stessa.
Accanimento o no, resta da capire se un paziente sia obbligato ad accettare una terapia. Sicuramente questo diritto non è assoluto. Nel caso di emergenze per la salute pubblica, ad esempio, certe terapie potranno essere legittimamente imposte anche a chi non le volesse. Ma questo non è il caso di Eluana Englaro, o di Piergiorgio Welby.
Un obbligo legale ad essere il più sani possibile sicuramente non c'è. Ogni persona ha sicuramente il diritto di accettare o rifiutare cure e terapie, una volta che è stata adeguatamente informata ed è libera di assumersi la responsabilità sulle conseguenze delle proprie scelte. In fin dei conti è proprio questo il sale della democrazia: ciascuno è il miglior giudice del proprio bene.
La posizione di alcuni prelati, secondo cui la persona non avrebbe un diritto ad autodeterminarsi, sarà anche legittima, ma, oltre a rendere la libertà di coscienza (fortemente affermata dal vaticano secondo) un inutile feticcio, è in contrasto teorico (e non solo) con l'idea stessa di democrazia.
Esiste invece un obbligo morale? La vita ci è stata affidata e noi siamo liberi di amministrarla come meglio crediamo. Le prime vittime di un'amministrazione cattiva siamo, in primo luogo, noi stessi. Rinunciare a vivere non è, in linea di massima, un modo buono di amministrare la vita. E', però, difficilissimo definire una regola o una casuistica sempre valida: troppo dipende dalle circostanze particolari in cui ci si trova. Attaccarsi al sondino potrebbe essere sia una grande testimonianza di speranza, staccarsene di generosità e fiducia in Dio. Qui dovrebbe valere la massima di Sant'Agostino: ama e fa ciò che vuoi. Lo stesso magistero della Chiesa sembra(va) lasciare un discreto margine di discrezionalità.
Il problema è: come lo scrivi un testamento biologico se non conosci i particolari della situazione in cui ti verrai a trovare? O come si può decidere di una cosa del genere senza tenere in considerazione la famiglia e la comunità dei propri cari? Ecco, tenetemi il sondino finchè la mia assistenza non sia troppo onerosa per la mia famiglia, o finchè per curare me non si riduca l'assistenza a qualcun altro.
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sabato 21 febbraio 2009
Sardegna, Terzo Mondo
Sostiene Repubblica, ma conferma pure mia madre attualmente a svernare nei dintorni di Alghero, che molti sardi abbiano venduto il loro voto per qualcosa come 20 euro di spesa. Io non so se sia vero, ma se lo fosse, questa notizia ci costringerebbe a ricollocare geopoliticamente al Sardegna dall'Europa occidentale al Terzo Mondo.
Il Terzo Mondo non è tanto un luogo geografico, nè una categoria esclusivamente economica. E', soprattutto, una mentalità, anzi, più precisamente, un orizzonte temporale. Terzo Mondo è pensare a breve termine nelle scelte riguardanti il benessere proprio e pubblico. Più a breve termine si pensa, più si è Terzo Mondo. Un voto per 20 euro è Terzo Mondo profondo.
Non che pensare a breve termine sia una cosa stupida, da persone sciocche o culturalmente inferiori. Anzi, è probabilmente l'unico modo razionale di comportarsi in un determinato contesto socio-economico. Non si investe da qui a cinque anni, se il rischio è finire digiuni per cena. Che questa fosse la situazione sarda non me l'aspettavo. Qui, o è Repubblica che fa propaganda, oppure è Berlusconi che è riuscito a convincerci che stiamo molto meglio di come effettivamente stiamo.
Il Terzo Mondo non è tanto un luogo geografico, nè una categoria esclusivamente economica. E', soprattutto, una mentalità, anzi, più precisamente, un orizzonte temporale. Terzo Mondo è pensare a breve termine nelle scelte riguardanti il benessere proprio e pubblico. Più a breve termine si pensa, più si è Terzo Mondo. Un voto per 20 euro è Terzo Mondo profondo.
Non che pensare a breve termine sia una cosa stupida, da persone sciocche o culturalmente inferiori. Anzi, è probabilmente l'unico modo razionale di comportarsi in un determinato contesto socio-economico. Non si investe da qui a cinque anni, se il rischio è finire digiuni per cena. Che questa fosse la situazione sarda non me l'aspettavo. Qui, o è Repubblica che fa propaganda, oppure è Berlusconi che è riuscito a convincerci che stiamo molto meglio di come effettivamente stiamo.
sabato 14 febbraio 2009
La verità delle leggi
Se fosse assolutamente indubitabile che una data legge stabilisce la Verità e se questa legge godesse dell'approvazione della stragrande maggioranza della cittadinanza, sarebbe giusto promulgarla?
No.
Le leggi, infatti, non servono ad imporre la verità, ma a permettere a tutti di raggiungerla liberamente.
No.
Le leggi, infatti, non servono ad imporre la verità, ma a permettere a tutti di raggiungerla liberamente.
venerdì 13 febbraio 2009
Un pendolare monello
1. Bolzano-Trento, in macchina.
Di questi tempi sono abituato a sentirmi un fuoco di fila di domande sulle mie scelte di vita. La cosa non mi dispiace, perchè questi "interrogatori" sono utilissimi per il mio percorso di discernimento e mi danno l'occasione di offrire un diverso punto di vista sul mondo al mio interlocutore. E ormai so quasi tutte le risposte.
L'altro giorno, però, sono stato preso in castagna. "Come concili la tua vocazione con le posizioni politiche del Vaticano?" Sembra una domanda facile, o almeno una di quelle che mi pongo quasi tutti i giorni. Invece ho abbozzato, non sono riuscito ha dare una risposta che convincesse me e la mia compagna di viaggio. Così ci ho pensato sù.
Il fatto è che non mi sono mai posto la questione in questi termini. Prima c'è la mia vocazione, poi, semmai, viene il problema di conciliare le mie idee con l'ideologia di porporati più o meno numerosi.
2. Trento-Bolzano, in treno.
Leggo una breve storia della teologia cattolica. E incappo in una lettera del generale dei domenicani, Umberto di Romans, al confratello Alberto Magno, in predicato di diventare vescovo. Umberto non ha accolto bene la notizia e fa una ramanzina con i fiocchi ad Alberto.
Scrive, tra l'altro:
3. Bolzano, a casa.
Il problema, credo, non è essere d'accordo in tutto e per tutto con ogni sciocchezza che esce dalla bocca di un cardinale. Il problema che ogni dissenso interno alla Chiesa deve essere motivato nel promuovere la verità e deve essere mosso in spirito di umiltà e unità (non certo di monolitismo o conformismo).
A volte, poi, viene il sospetto che quelli al di fuori del magistero della Chiesa siano proprio i cardinali.
Alcuni di loro, è notizia di oggi, minacciano scomuniche a destra e a manca (come se, una volta descomunicati quattro che rifiutano un concilio intero e non riconoscono l'autorità di tutti i papi che lo hanno seguito, la minaccia avesse una qualche credibilità), oltre a confondere indefessamente la non tanto sottile distinzione tra peccato e reato ed essere privi del più piccolo straccio di sensibilità umana. Poi, uno prende in mano il catechismo, dove è scritto che:
Ognuno può pensare quel che vuole, ma certi alti prelati dovrebbero evitare che la loro pur autorevole opinione venisse confusa con l'insegnamento della Chiesa. Rischiano, come minimo, di peccare d'orgoglio.
Di questi tempi sono abituato a sentirmi un fuoco di fila di domande sulle mie scelte di vita. La cosa non mi dispiace, perchè questi "interrogatori" sono utilissimi per il mio percorso di discernimento e mi danno l'occasione di offrire un diverso punto di vista sul mondo al mio interlocutore. E ormai so quasi tutte le risposte.
L'altro giorno, però, sono stato preso in castagna. "Come concili la tua vocazione con le posizioni politiche del Vaticano?" Sembra una domanda facile, o almeno una di quelle che mi pongo quasi tutti i giorni. Invece ho abbozzato, non sono riuscito ha dare una risposta che convincesse me e la mia compagna di viaggio. Così ci ho pensato sù.
Il fatto è che non mi sono mai posto la questione in questi termini. Prima c'è la mia vocazione, poi, semmai, viene il problema di conciliare le mie idee con l'ideologia di porporati più o meno numerosi.
2. Trento-Bolzano, in treno.
Leggo una breve storia della teologia cattolica. E incappo in una lettera del generale dei domenicani, Umberto di Romans, al confratello Alberto Magno, in predicato di diventare vescovo. Umberto non ha accolto bene la notizia e fa una ramanzina con i fiocchi ad Alberto.
Scrive, tra l'altro:
Chi, mi chiedo, potrebbe credere che, al meriggio della tua vita, tu voglia macchiare così la tua gloria e l'Ordine cui procurasti tanto onore? [...]Ecco, io sarò spesso molto critico nei confronti della curia vaticana, ma un'idea così negativa di un vescovo -giuro- non l'ho mai avuta. Ecco, dopo questa lettura, mi son sentito addirittura uno "fedele alla linea"... magari solo un po' monello.
Quale secolare, sapendo ciò, non si scandalizzerà di te e di chi emette professione simile alla tua? Come potrà non convincersi, che noi anzichè amare la povertà la sopportiamo fino a che non ce ne riesce di sottarcene? No, non ti smuovano, ti scongiuro, i consigli e gli inviti dei prelati e della Curia Romana: tutte queste moine si trasformeranno presto in burle e derisione! [...]
Considera attentamente quello che è accaduto a coloro che si sono lasciati trascinare a simili posti. Quali sia stata la loro reputazione, quali i risultati, quale la loro condizione, quale la loro sorte. Ripensa bene in cuor tuo quanti ostacoli e difficoltà si incontrino nel reggere la diocesi della Germania, e quanto difficile sia evitare l'offesa di Dio e degli uomini. [...]
Ah, potessi io vedere il mio figlio prediletto posto nella bara piuttosto che sulla cattedra vescovile!
3. Bolzano, a casa.
Il problema, credo, non è essere d'accordo in tutto e per tutto con ogni sciocchezza che esce dalla bocca di un cardinale. Il problema che ogni dissenso interno alla Chiesa deve essere motivato nel promuovere la verità e deve essere mosso in spirito di umiltà e unità (non certo di monolitismo o conformismo).
A volte, poi, viene il sospetto che quelli al di fuori del magistero della Chiesa siano proprio i cardinali.
Alcuni di loro, è notizia di oggi, minacciano scomuniche a destra e a manca (come se, una volta descomunicati quattro che rifiutano un concilio intero e non riconoscono l'autorità di tutti i papi che lo hanno seguito, la minaccia avesse una qualche credibilità), oltre a confondere indefessamente la non tanto sottile distinzione tra peccato e reato ed essere privi del più piccolo straccio di sensibilità umana. Poi, uno prende in mano il catechismo, dove è scritto che:
Lo stato demcratico, fatte salve le necessità dell'ordine pubblico, non interferisce nella sfera delle scelte personali. Si tratta di un'evoluzione sostanzialmente positiva, conforme alla concezione cristiana dell'uomo. Gli uomini sono tenuti a cercare e ad accogliere la verità; ma deovono farlo liberamente, attraverso l'educazione e il dialogo, secondo la loro dignità di persone e la loro natura sociale. La coscienza va rispettata anche quando sbaglia.Non ho trovato, invece, alcun passo che specificasse che l'alimentazione forzata non sia un trattamento sanitario (che, sempre secondo il catechismo, possono essere rifiutate quando siano enormemente costose e senza consistenti vantaggi per il paziente, visto che il malato ha diritto di morire cond dignità).
Ognuno può pensare quel che vuole, ma certi alti prelati dovrebbero evitare che la loro pur autorevole opinione venisse confusa con l'insegnamento della Chiesa. Rischiano, come minimo, di peccare d'orgoglio.
domenica 8 febbraio 2009
Silenzio!
Questa è la foto sul mio desktop. Si capisce, quindi, come ogni invito al silenzio trovi qui un'accoglienza entusiasta, quando questo diviene il luogo della contemplazione e del discernimento. Quando ci previene dal dire sciocchezze. Ed è quando non facciamo più rumore che possiamo sentire al voce di Dio. Quando è una forma di rispetto verso il dolore dell'uomo, ecco, in quel momento il silenzio è prezioso.
E' da questo silenzio che potrà emergere un dibattito pubblico civile, in cui si è pronti all'ascolto delle ragioni dell'altro e fare qualche passo avanti verso una verità che è sempre più grande di noi. Il dibattito sulla vita, urgente e scottante, va avanti da anni ormai. Mette a dura prova i nostri nervi, ma è certamente molto meglio di quel silenzio deleterio, fatto di acquiescenza e indifferenza, che ho trovato verso le stesse questioni in Inghilterra.
Da noi la battaglia è dura, per la definizione di nuovi diritti e nuovi doveri. Come aveva ragione Focault quando diceva che i nostri codici grondano di sangue e sono la cristalizzazione delle guerre civili del nostro passato!
In questo scontro mi trovo, al solito, in mezzo con le mie poche certezze. Non saprei dire se l'alimentazione forzata è accanimento terapeutico o una sorta di obbligo morale che discende dal Vangelo o da una legge naturale da trasformare al più presto in civile. Non ho nemmeno il coraggio, e la spudoratezza, di definire assassino un padre che ha intrapreso un calvario per far rispettare quella che, legittimamente o meno, ritiene essere la volontà di sua figlia.
E, da cattolico, mi sarei aspettato dai miei pastori più degli inviti alla speranza - quella speranza che fu (ed è ancora) propria del popolo d'Israele e dello storpio che attese per 38 anni, ai margini di una piscina, di venir guarito - che diktat austeri e severe ingiunzioni . La faccia di bronzo di certi politici, che in un solo momento vogliono salvare la vita di un'italiana e condannare a morte centinaia di immigrati, quella sì, purtroppo, me l'aspettavo.
E' da questo silenzio che potrà emergere un dibattito pubblico civile, in cui si è pronti all'ascolto delle ragioni dell'altro e fare qualche passo avanti verso una verità che è sempre più grande di noi. Il dibattito sulla vita, urgente e scottante, va avanti da anni ormai. Mette a dura prova i nostri nervi, ma è certamente molto meglio di quel silenzio deleterio, fatto di acquiescenza e indifferenza, che ho trovato verso le stesse questioni in Inghilterra.
Da noi la battaglia è dura, per la definizione di nuovi diritti e nuovi doveri. Come aveva ragione Focault quando diceva che i nostri codici grondano di sangue e sono la cristalizzazione delle guerre civili del nostro passato!
In questo scontro mi trovo, al solito, in mezzo con le mie poche certezze. Non saprei dire se l'alimentazione forzata è accanimento terapeutico o una sorta di obbligo morale che discende dal Vangelo o da una legge naturale da trasformare al più presto in civile. Non ho nemmeno il coraggio, e la spudoratezza, di definire assassino un padre che ha intrapreso un calvario per far rispettare quella che, legittimamente o meno, ritiene essere la volontà di sua figlia.
E, da cattolico, mi sarei aspettato dai miei pastori più degli inviti alla speranza - quella speranza che fu (ed è ancora) propria del popolo d'Israele e dello storpio che attese per 38 anni, ai margini di una piscina, di venir guarito - che diktat austeri e severe ingiunzioni . La faccia di bronzo di certi politici, che in un solo momento vogliono salvare la vita di un'italiana e condannare a morte centinaia di immigrati, quella sì, purtroppo, me l'aspettavo.
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