domenica 18 dicembre 2011

Non sono anch'essi uomini?

Il 21 dicembre del 1511, quarta domenica d'Avvento, nella chiesa di Santo Domingo ad Haiti, un mio confratello pronunciò queste parole:

 «… Sono la voce di Cristo che grida nel deserto di quest’isola. Pertanto si conviene che con attenzione, non una attenzione qualsiasi, ma con tutto il vostro cuore e tutti i vostri sensi, l’ascoltiate, la qual voce sarà per voi la più nuova che mai udiste, la più aspra e dura e la più spaventevole e pericolosa che mai avreste pensato di ascoltare… Questa voce vi dice che siete tutti in stato di peccato mortale a causa delle crudeltà e dei soprusi che fate subire a queste popolazioni innocenti. Ditemi: con quale diritto, in nome di quale giustizia tenete gli indiani in una schiavitù così crudele e terribile? Con che diritto avete scatenato così tante guerre esecrabili contro questa gente che viveva in pace nella propria terra e che voi avete oppresso con innumerevoli morti e stragi mai udite? Perché li opprimete così tanto e li sfinite, non dando loro da mangiare e non curandoli quando sono malati dal momento che essi si ammalano e muoiono a causa del lavoro eccessivo a cui voi li costringete; o meglio, perché li uccidete per ammassare ogni giorno un po’ di oro in più? E che premura avete perché si insegni loro la dottrina, conoscano il loro Dio e creatore, siano battezzati, ascoltino la Messa, rispettino le feste e le domeniche? Non sono anch’essi degli uomini? Non hanno anch’essi un’anima come ogni creatura razionale? Non avete il dovere di amarli come voi stessi? Proprio non capite? Siete forse immersi in un profondissimo letargo? Abbiate per certo che, nello stato in cui siete, non potete salvarvi più dei mori o dei turchi che non hanno né vogliono la fede di Cristo»
Abbiamo ancora molto bisogno di frati come Antonio Montesinos.

3 commenti:

Flip ha detto...

Si, verissimo, ne avete ancora bisogno!
E tu, ci stai?
;)

Flip ha detto...

Propongo come riflessione...


Esssere cristiani oggi!

«Cosa sorprendente: ancora oggi, ovunque nel mondo, donne e uomini di ogni condizione si dicono cristiani. Si rifanno a Gesù di Nazareth e al suo messaggio.
Questo giovane ebreo, abitato dal soffio di Dio, visse nella totale fiducia in colui che chiamava “Padre”. Diceva: “Sono venuto perché gli uomini abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”, “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”, “Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei, lo avete fatto a me”. Dovunque passava, guariva i malati, apriva gli occhi ai ciechi, faceva camminare i paralitici, dava la parola ai muti, rendeva libero. Era pericoloso per il potere costituito. Lo uccisero crocifiggendolo a Gerusalemme, sotto Ponzío Pilato.
I cristiani lo proclamano risuscitato dai morti e vivo per sempre presso Dio. Ispirandosi al suo modo di vivere e al suo messaggio, scoprono progressivamente che Gesù diventa per loro la via, la verità e la vita. Si rifanno alle Beatitudini del Vangelo, che invitano alla felicità e danno luce ai loro occhi.
“Felici i poveri di cuore, perché il Regno dei Cieli è loro”. La litania della felicità prosegue: “Felici i miti, felici quelli che piangono, felici quelli che hanno fame e sete di giustizia, felici i misericordiosi, felici i cuori puri, felici i costruttori di pace”.
Le Beatitudini, che si rivolgono a tutti, invitano particolarmente i cristiani ad andare avanti avendo fiducia in Dio. Sono chiamati a superare il male con il bene, a fare la scelta della non-víolenza, a dare gratuitamente senza attendere nulla in cambio e senza disperare di chiunque, a praticare la giustizia, a lavorare per la pace, a perdonare i loro nemici.
Lo vediamo: la pratica dei cristiani consiste nel compiere degli atti, nel fare delle scelte, nel condurre delle lotte nello spirito delle Beatitudíni. Da questa pratica nessun cristiano è díspensato: è fondamentale. È continuamente da inventare nelle nostre società basate sulla competizione, la quale promuove dei vincenti, ma nello stesso tempo fabbrica dei perdenti. Ci si interroga sulla pratica religiosa e ci si dichiara spesso non praticante, quando la vera pratica è il Vangelo in tutta la vita. In qualsiasi epoca non è stato mai facile essere cristiano. Ma i cristiani fanno abitualmente l'esperienza di una vita comunítaria nella quale vivono la condivisione e la celebrazione. Isolati come potrebbero approfondire e attualizzare la loro fede? È insieme che scoprono la grandezza della loro chiamata.»

J. Gaillot, A. Gombault, P. de Locht, “Un Catechismo per la libertà”, Ed. la meridiana paginealtre pag.49

Anonimo ha detto...

il secondo commento di Flip mi apre a un testo che non conoscevo e che cercherò di procurarmi al più presto, nonostante sia del 2005. Vedo che Gaillot scrive su Concilium e a me che non lo conoscevo pare un'ottima credenziale. Buon Natale, Stefania