sabato 3 dicembre 2011

Il presepe

Esistono tanti tipi di presepe: c'è quello in casa, quello in piazza, quello di carta, di pane, di legno, quello vivente, quello tecnologico, quello moderno, quello classico, quello napoletano, quello gardenese, quello etnico... ma per me il presepe più importante è sempre stato il grande presepe in chiesa, quello che rimane velato fino al 24 dicembre e che poi si svela la notte di Natale, quando tutti si affollano attorno per darci una prima sbirciatina e per ritornarci più avanti, magari dopo l'Epifania, per osservare in pace tutti i particolari.

Mi ricordo bene quando ero bambino e guardavo con la bocca aperta a quel presepe, pieno di meraviglia per gli effetti di luce, che segnano la notte e il giorno o il movimento delle stelle e le fontanelle gorgeggianti, le montagne che sembrano vere e la musica natalizia. Forse il mio stupore infantile non era tanto diverso da quello dei pastori quando andarono ad adorare Gesù in una notte di duemila anni fa. Anche loro avranno visto una scena dall'apparenza tanto banale, quanto quella di un presepe qualsiasi in una chiesa qualsiasi: un bambino in una culla come ce n'erano tanti, una puerpera, un uomo, una stalla; eppure, di fronte a tanta quotidianità, hanno colto qualcosa di speciale, di stupefacente, che li ha lasciati a bocca aperta. Chissà con che occhi hanno guardato. Bisogna avere occhi davvero puri per vedere Dio, però, se uno ha occhi davvero puri, allora Dio lo vede anche in un bambino. Così, ancora oggi, quando vedo il grande presepe in chiesa, mi ricordo di quando ero un bambino con la bocca aperta e mi chiedo quando e perché io abbia smesso di stupirmi come un bambino, come un pastore.


L'anno scorso, in noviziato, il presepe, invece di guardarlo, l'ho costruito insieme ai miei confratelli. Il budget era zero euro e un convento del duecento da saccheggiare alla ricerca dei materiali che ci servivano. Il dibattito interno tra modernisti e tradizionalisti è stato rapidamente deciso in favore dei modernisti - non per ragioni ideologiche, si badi bene, ma tecniche (un presepe tradizionale bisogna saperlo fare, e noi non lo sapevamo fare, mentre in un presepe moderno l'Idea può supplire all'Arte). Tradizionale o moderno che sia, un presepe lo devi progettare, devi pensarlo e pensare a come farlo. C'è bisogno di un'attenta pianificazione, ma poi bisogna anche risolvere i problemi che ti ritrovi cammin facendo. Bisogna usare il martello (nel convento del duecento non si trovavano trapani) e chiodi, la colla, i colori, le bombolette spray (che invece si sono trovate), il rarissimo cactus  del deserto della California di padre Marcato (rimesso a posto dopo un'eloquente occhiataccia del nostro maestro), i vestiti che Iors si era dimenticato in sagrestia, le valigie di quando padre Marini era uno studente e i cassoni di quando padre Avagnina non era ancora nato. Bisogna trasportare assi e pali e sacchi di sabbia e si deve fare fatica. Quando si costruisce un presepe si diventa artigiani, falegnami. Si diventa Giuseppe.

Come Giuseppe si prepara un posto al nascituro e ci si arrangia con quello che si ha. Ci si mette d'impegno e d'ingegno, si lavora qualche tronco, si sistema la paglia e il risultato non sarà mai quello che ci si aspettava, ma non importa, perché quello che importa davvero non è la capanna e nemmeno il faretto nascosto dietro la pecorella, ma è Gesù e di fronte a Lui ci sarà sempre qualche pastore e qualche bambino pronto a stupirsi.

Con la fatica delle mani abbiamo imparato la fatica dello spirito: si costruisce un presepe per Gesù Bambino e si impara a fare posto nel cuore a Gesù Bambino. Sudore e preghiera diventano una cosa sola, un unico atto con un duplice effetto. Si dovrebbe fare così sempre: fare ogni cosa solo per Lui, al lavoro come a casa, per piacere come per dovere. Si dovrebbe fare sempre come Giuseppe, come quando si costruisce un presepe.

Questo post è dedicato ad Aurelio, costruttore di presepi.


2 commenti:

Flip ha detto...

Mi son un presepista! ;)
Contemplando l'incarnazione mi convinco sempre più che tutto è Dono,tutto è "Grazia"!
Da grande voglio scrivere la Teologia della Donazione!
:)

Anonimo ha detto...

"Teologia della Donazione" è bellissimo!!!