domenica 27 maggio 2012

Microstoria di una vocazione

Raccontare la propria vocazione è un'impresa difficile: troppi sono i fatti, gli episodi grandi e piccoli, le parole ascoltate e rimaste impresse nella memoria - tralasciando, poi, tutte le sensazioni, i sentimenti, i pensieri, le riflessioni che hanno dato senso e colore alle esperienze vissute - per riuscire a discernere i momenti decisivi di una Chiamata. Così, ogni volta che racconto la mia vocazione la racconto in un modo diverso, e ogni volta ho la sensazione di non esserle stato pienamente fedele.

Comincia così il racconto del mio ingresso nell'Ordine dei Predicatori che è stato pubblicato sul nuovissimo sito del Convento San Domenico di Bologna, in cui è possibile trovare una miriade di informazioni spirituali, artistiche e personali su noi frati, oltre, ovviamente, alle iniziative che organizziamo (e per quest'estate ce ne sono di appassionantissime!)...

 Credo, però, di poter tratteggiare il succo della mia storia vocazionale racchiudendola in due singoli episodi dall'apparenza banale.
Il primo è avvenuto più di vent'anni fa, quando ero un bambinone ancora da cresimare, dentro un confessionale della mia parrocchia, quella di Cristo Re, a Bolzano. Il frate che mi confessava mi consigliò caldamente di leggere il vangelo, tutti i giorni. Io ascoltai quel consiglio e da quel giorno la Bibbia prese il suo posto sul comodino vicino al letto. Non l'ho letta tutti i giorni, però ci ho provato, partendo dai Vangeli e poi tutta di fila, dalla prima lettera della Genesi all'ultima dell'Apocalisse, e poi di nuovo da capo e poi saltellando di qua e di là, da Giona a Giacomo, dai Corinzi ai Salmi.

La Bibbia non è una lettura buona per addormentarsi o per fantasticare o per mettersi il cuore in pace. La Bibbia è una lettura scomoda, che ti mette in discussione e ti interroga sul tuo rapporto con Dio e con gli uomini. Così, da un lato scoprivo quella bellezza del dare – cose, tempo, attenzione, se stessi – scolpita nel discorso della montagna, dall'altro montava in me il disagio per non riuscire a dare e fare di più, il desiderio di una maggiore radicalità, la sete di altitudine e trascendenza. Questa irrequietezza mi ha spinto fuori di casa e mi ha fatto viaggiare: l'università e l'impegno nel mondo culturale e politico, i nove mesi nelle baraccopoli di Nairobi, il lavoro con i tossicodipendenti,  il master londinese alla Scuola di Studi Orientali e Africani e poi il lavoro con i disabili. Sono stati anni vivaci, in cui sono nate profonde amicizie, in cui ho visto un pezzettino di mondo, in cui sono  maturato e, alcune volte, sono invecchiato. Sono stati anni accompagnati dalla lettura della Bibbia, che li ha legati insieme come un corda i semi di un rosario.

Nel mentre della lettura di un salmo si colloca il secondo episodio. Lo stavo leggendo sull'autobus rosso numero 280 che da Tooting Broadway mi stava portando nel sobborgo londinese di Sutton, dove lavoravo. Era la fine dell'inverno del 2006 e mi stavo interrogando su cosa volessi fare della mia vita. Riflettevo spesso anche sulla possibilità di una consacrazione religiosa. Mi pareva una prospettiva affascinante e attraente, ma le alternative lo erano altrettanto. Per aiutarmi nella scelta, allora, rovistavo nel mio passato e nella mia psicologia per trovarvi traumi infantili che spiegassero o propensioni caratteriali che indirizzassero, ma non ne cavavo un ragno dal buco. In questo turbinio di pensieri, a bordo dell'autobus rosso numero 280, sono incappato in un versetto del salmo 17: “Nella giustizia, Signore, voglio contemplare il tuo volto”. Fu una folgorazione. Capii subito che era questo, e niente altro, che volevo fare. Questo era l'obiettivo che desideravo qualificasse la mia vita, questa era la materia in cui intendevo cimentarmi, questo era l'obiettivo a cui dedicare le mie energie. Di colpo diventava una fatica inutile tentare di auto-psicoanalizzarsi o pesare con il bilancino i pro e i contro. Sapevo dove volevo andare, il più era fatto e non mi restava altro che scegliere la via migliore per realizzare il mio proposito.

Così, tra il confessionale di Bolzano e l'autobus di Londra, tra una Parola ascoltata e una Parola letta, si è svolta una piccola, duplice ricerca spirituale: la ricerca di una sempre maggiore fedeltà al Vangelo e la ricerca di un qualcosa che mi appassionasse tanto da dedicarci la vita. Questa ricerca si è risolta con il mio approdo all'Ordine dei Predicatori. A questo punto la domanda è inevitabile: perchè proprio loro?

Beh, dei frati domenicani si nascondevano dietro ciascuno dei due piccoli episodi che ho raccontato. Domenicano era il frate che mi disse di leggere la Bibbia, domenicano era il frate che mi accompagnò spiritualmente nei giorni londinesi. Già questo basterebbe a spiegare, ma c'è di più. E' nell'Ordine e con l'Ordine dei Predicatori che ho trovato una via che, nella giustizia, mi indirizzasse alla contemplazione del volto del Signore, che bilanciasse azione e contemplazione e in cui la preghiera è energia e forza per la vita nel mondo e la vita nel mondo è nutrimento e sostanza della preghiera. E' nell'Ordine e con l'Ordine dei Predicatori che la mia irrequietezza. trovando il suo giusto inquadramento, non si è estinta, ma – mentre scopriva nella comunità di frati un costante testimone della misericordia di Dio nei miei confronti e verso tutti gli uomini – è cresciuta in serenità e gioia e libertà. E' nell'Ordine e con l'Ordine dei Predicatori che ora inizia una nuova avventura. Viaggerò un po' di meno a bordo di treni e di aeroplani (ma solo un po') e un po' di più nel silenzio e nella penombra della preghiera; ai fianchi non avrò più una borsa pesante, ma un leggero, ticchettante rosario di legno.


6 commenti:

Flip ha detto...

:( Idilliaco

Flip ha detto...

ok dormo ancora, ho sbagliato post!
:P

Alchuinus ha detto...

Grazie, Luca.
Lo Spirito ama la semplicità, e quando e come vuole... sa farsi sentire. Le tue parole possono aiutare anche tanti altri, magari facciamo così: un po' domenicani e un po' francescani, o.k.? :)

luca ha detto...

ok! ma anche gesuiti, salesiani, carmelitani e passionisti...

Franca ha detto...

Ciao Luca, ti ho riconosciuto dal racconto. Bello. Le grandi cose s'innestano sulle piccole, è l'incarnazione.
Vengo qui dopo tanto... è bello ascoltare le vostre voci.
Sono Franca di Pordenone (Ragazzi della Panchina) - rosaspina nel vecchio blog.
Ciao, un abbraccio fraterno!

luca ha detto...

grande franca! la blogosfera è un piccolo paese e alla fine ci si ritrova sempre.
sono contento che tu sia passata da me nella "nuova versione"!