domenica 3 maggio 2015

Perché cantiamo la Missa de Angelis?



1. Quando l'evangelista Luca racconta la preparazione dell'Ultima Cena, usa una parola fondamentale. Questa parola è: "stanza". La stanza, cioè in greco, katàluma.
Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua". Gli chiesero: "Dove vuoi che prepariamo?". Ed egli rispose loro: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. Direte al padrone di casa: "Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". 
Per capire l'importanza di questa parola bisogna fare un salto indietro di 33 anni, agli inizi del vangelo, quando Gesù venne posto nella mangiatoia perché per loro non c'era posto nell'alloggio, la stanza, katàluma.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
Pensate quanta strada camminata, quanta polvere calpestata, quanti incontri, parole, miracoli, fatica per trovare finalmente la sua katàluma. Non una qualunque, ma precisamente questa qua, dove mangiare la Pasqua con i suoi discepoli. Finalmente Gesù trova il suo posto ed è quello dove condividere la Pasqua con i suoi compagni.

E' come se Gesù avesse avuto sempre come meta quella katàluma, perché lì si sarebbe svolto il fatto decisivo della sua vita. La missione di Gesù era finalizzata a questo momento, a questa cena, a questa stanza. Infatti dice: 
Ho desiderato con desiderio, cioè ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi.
Insomma, la cena che si svolge in questa stanza è il culmine della vita di Cristo.

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sabato 31 gennaio 2015

La comunione ai risposati?

Il sinodo straordinario per la famiglia è stato un periodo di grazia per lo studentato domenicano bolognese, dove ci si è esercitati a riflettere insieme e a discutere (quasi) pacificamente. A qualche mese di distanza da quelle frizzanti settimane e in preparazione al prossimo sinodo vorrei proporre qualche mia riflessione riguardo alla questione della comunione ai divorziati risposati, con quel pizzico di presunzione tipico degli studenti che – come nel mio caso - non hanno ancora finito di leggere il loro primo libro di teologia.

Il dibattito sinodale si è sviluppato intorno all'antitesi tra “misericordia” e “legge”. “Il partito della misericordia” - la definizione è forse un po' rozza, ma rende l'idea - sostiene l'opportunità di concedere, almeno in alcuni casi, la comunione ai divorziati risposati. Il cambiamento dell'attuale disciplina andrebbe fatto in ragione della carità, la suprema legge della Chiesa, che regola tutte le altre, diritto canonico e indirizzi pastorali inclusi. “Il partito della legge” sostiene che una simile apertura sarebbe un grave allontanamento dalla dottrina della Chiesa, a cui la carità stessa ci impone di rimanere fedeli. Ponendo la questione in questi termini, si finisce inevitabilmente in un vicolo cieco. Ogni concessione alla misericordia va a discapito della legge e viceversa. Non esiste, infatti, un criterio per stabilire quale sia il giusto equilibrio tra l'una e l'altra e si corre sempre il rischio di essere o eccessivamente rigoristi o eccessivamente lassisti. Per trovare il bandolo della matassa si deve pensare l'intero problema diversamente, abbandonando sterili contrapposizioni e ripartendo dalle finalità stesse che muovono la Chiesa a ripensare la propria pastorale familiare.

domenica 25 gennaio 2015

6 gennaio 2015

Ho fatto professione solenne nell'Ordine dei Predicatori martedì 6 gennaio 2015, alle ore 11.00. La data non è stata scelta a caso, ma è colma di significato. Il primo, molto personale, è che in quel giorno ricorre il compleanno di mia nonna, che – oltre ad essere effettivamente un po' befana – mi ha anche insegnato le prime preghiere. E' stato bello ricordarla così. 











domenica 2 novembre 2014

La fissa della pillola

Mi sono imbattuto in un articolo sulla posizione del magistero della Chiesa cattolica sulla contraccezione. E' stato scritto dalla professoressa Janet Smith e si intitola: Contraception, why not? E' un po' lungo, ma articolato. Ha il tono giusto; presenta, in tutta la loro bellezza, i valori che il magistero ecclesiale cerca di promuovere. Non è roba da bacchettoni. Leggetelo, se potete, magari anche un paragrafo alla volta.

Io, però, ne vorrei parlare per un altra ragione, per un aspetto che trovo problematico e che è comune a molta parte del discorso sociale cattolico. Ciò che mi disturba di Contraception, why not? è che fa risalire tutti i problemi della contemporaneità alla famigerata pillola.

giovedì 14 agosto 2014

Alla scoperta dell'Islam

Da fine marzo a fine luglio ho vissuto nel convento domenicano del Cairo allo scopo di imparare l'arabo e di iniziarmi alla conoscenza dell'Islam.


Avvicinarsi l'Islam non è sicuramente cosa facile, è un percorso irto di ostacoli, il primo dei quali è sicuramente la lingua. L'arabo non è la lingua di tutti i musulmani - probabilmente la maggioranza non lo parla affatto - però è la lingua del Corano, della Sunna e dei più importanti commentari, delle opere teologiche e canoniche classiche. Conoscerlo è quindi tanto importante, quanto impegnativo. Il vocabolario, ad esempio, non è indoeuropeo e sono poche le parole imparentate al latino o al greco o al tedesco. Inoltre è ricchissimo, comprendendo diversi sinonimi per lo stesso concetto. Due sono le parole che ho imparato per dire "zanzara", altrettante per dire "coda". Molte lettere sono sconosciute all'orecchio europeo, introducendo sonorità inaudite, come la "ع"  - ain  - una lettera che riproduce il verso del cammello, e distinzioni quasi impercettibili tra diversi tipi di "h" o di "z". La scrittura non è vocalizzata e la lettura delle vocali varia a seconda dalla posizione grammaticale della parola. I plurali sono irregolari. Dulcis in fundo,  la gente comune parla dialetti tra loro molto differenti, mentre i giornali, la letteratura e molti programmi televisivi sono in arabo classico, diverso a sua volta dall'arabo del Corano.

venerdì 8 agosto 2014

La montagna sacra

1. La Muqattam è una grande arida montagna che sovrasta il Cairo a sud est. Il suo nome significa "tagliata" e, in effetti, è divisa da tre profonde fenditure.



2. I copti la venerano con particolare devozione e la considerano oggetto di un miracolo avvenuto nell'anno 979 sotto il califfato del fatimida Al Muiz. Un giorno, il califfo venne a sapere che nel Vangelo è riportato il detto di Gesù secondo il quale chi ha una fede grande quanto un granello di senape può spostare le montagne. Desideroso di ottenere una prova definitiva sulla verità o falsità del cristianesimo, fece chiamare a corte il papa Abram e gli ordinò di spostare la montagna. Se non ci fosse riuscito, la falsità del cristianesimo sarebbe stata comprovata, per cui i cristiani si sarebbero dovuti convertire all'Islam, abbandonare l'Egitto o accettare la morte a colpi di spada.

venerdì 13 giugno 2014

La fabbrica dei narghilè

http://squierj.freeyellow.com/Egypt1984/1984-Egypt.htm
Ore 10.00
Da Bab-el-Nasr parte una strada polverosa su cui si affacciano le botteghe dei saldatori e dei lavoratori della latta, scavate come grotte tra le solide pietre dei fatimidi o tra il fragile cemento di Mubarak. Alle dieci di mattina la strada di Bab-el-Nasr è deserta, il sole batte a picco e il vento fa rotolare polvere, sabbia, sacchetti di plastica. I cani randagi che presidiano la Porta, le capre cercano il rifugio dell'ombra e c'è un cavallo, nascosto tra una toilette chimica e il muro di cinta della scuola elementare.

venerdì 23 maggio 2014

La terribile Mugamma

C'è un posto al Cairo, in piazza Tahrir, dalla parte opposta del museo egizio, che assomiglia alle porte di Mordor. Si chiama Mugamma, la terribile Mugamma. E' alta dieci piani e larga il doppio. E' coperta da uno strato di polvere grigia e triste. Non è abitata da famelici throll, ma da 18.000 (diciottomila) funzionari statali egiziani.

Allo scadere del mio primo mese in Egitto, ho dovuto organizzare un piccola intrepida spedizione per rinnovare il visto. Le leggende che aleggiano intorno alla terribile Mugamma non mi hanno intimidito. Mi sono armato di qualche consiglio, del passaporto, di una sua fotocopia, di una decina di fototessere di formato diverso, di una lettera della mia scuola, di tanta pazienza e dell'intercessione di santa Caterina, di cui ricorreva la festa e che aveva una certa esperienza nel persuadere pubblici ufficiali.

Sono partito in taxi per arrivare in dovuto anticipo, tanto che ho dovuto aspettare mezz'ora, visto che le porte di Mordor si aprono puntualmente alle ore 8.00. La cosa incredibile che alle 7.40 si è formato una lunga ordinatissima fila di cittadini davanti all'ingresso. Sembrava di essere a Londra alla fermata del tram. Lo spettacolo mi ha fatto scendere un brivido freddo lungo la schiena, perchè in Egitto nessuno fa mai delle lunghe ordinatissime file davanti a nulla. Allora, davvero la Mugamma è temibile!

Le porte si aprono e io mi sento come l'Asterix delle 12 fatiche che sta per affrontare la burocrazia romana.

sabato 26 aprile 2014

Christos anesti!

Sabato Santo 19 aprile 2014, il Cairo, ore 19.00.

L'autista non è ancora arrivato. Io e padre John Gabriel lo aspettiamo davanti al cancello.

Una Verna nera arrugginita si ferma davanti al cancello e ci carica. Si dirige verso meidan El-Geish, poi si infila in Sheyk Qamar, stretta e affollata come un caruggio, per sgusciare su un rotonda con in mezzo un villetta in stile coloniale che la polvere sta lentamente sgretolando dietro la cortina pudica di alberi e siepi. La strada ora si fa larga e veloce, il ponte 6 ottobre, Ramsis, fino a un palazzo imponente, moderno e già scrostato. Un gruppo di poliziotti in giubotto antiproiettile e mitra è di sentinella.


Entriamo in un grande atrio stracolmo di scout in divisa e tamburi. Il prete, alto, rasato e autoritario, si è già calcato in testa il suo bel tag bianco in testa. Sembra un vescovo. Io, dopo averlo salutato con reverenza, provo a svignarmela per nascondermi in un angolo della chiesa e poter ammirare in pace la liturgia pasquale di san Basilio. Non riesco a fare 10 metri che vengo richiamato all'ordine e messo in riga per la processione iniziale. Al rullare dei tamburi si parte.

lunedì 10 marzo 2014

Di come sono diventato un uomo medievale

Durante la Quaresima si fa un gran parlare di conversione. Ogni buon predicatore, poi, appena pronuncia la parola "conversione", si premura di spiegare anche che il termine originale greco è "metanoia", che significa cambiamento di mentalità.

Ci si converte abbandonando l'idolatria e aderendo nella fede a Gesù Cristo.
Ci si converte abbandonando la via del peccato e tornando alla casa del Padre.
Ci si converte anche lasciando "il mondo" e intraprendendo un percorso di vocazione.



1. Quando decisi di prendere la strada che mi portò a san Domenico, non mi era chiaro quanto davvero fosse necessario cambiare mentalità. Il mio primo passo in direzione contraria è stato un ritorno ad un modo di pensare poco moderno e molto medievale. Interrogandomi sul che cosa fare della mia vita, mi rovistavo l'anima alla ricerca di ciò "a cui ero portato", sperando di trarre dalle mie qualità e inclinazioni una professione e un futuro. Mi chiedevo quali fossero le cause profonde, radicali, psicologiche che mi spingevano a farmi certe domande piuttoste che altre. Guardavo al passato della causalità efficiente per predire il mio avvenire e comprendere il mio presente.