martedì 25 settembre 2007

Ripensare Alexander Langer

Proprio mentre si costruisce il pd altoatesino, cercando prospettive politiche nuove per l'autonomia sudtirolese e forme nuove di convivenza tra gruppi etnici e risposte nuove alla domanda di rappresentanza che viene da larghi settori dell'elettorato, è indispensabile ripensare Alexander Langer. Io provo a farlo partendo da una raccolta di articoli, pubblicata nel 2003, proprio sulla provincia autonoma.

1. Mitizzazione e demonizzazione. Gli scritti sul Sudtirolo sono, almeno per me, una lettura lacerante. Langer sparge il sale su ferite ancora aperte e lo fa con implacabile capacità analitica e introspettiva. E' come guardarsi allo specchio e vedere qualcosa che non ci piace, ci mette angoscia e ci fa provare vergogna. D'altronde è lo stesso Langer una persona che tutt'ora divide, raccoglie adoratori e mobilita nemici acerrimi. A 12 anni dalla sua morte, i suoi avversari politici non sono ancora disposti a concedergli l'onore e lasciare che anche Bolzano dedichi una strada al più controverso dei suoi cittadini.

Eppure, dalle sue parole scritte emerge un intellettuale delicato, premuroso verso le sensibilità più diverse e verso ogni sfumatura della realtà politica e sociale, radicalmente e cautamente realista, orgoglioso coltivatore della propria cultura e fedele amante della cultura dell'altro. Un quadro totalmente diverso dall'utopista, implacabile distruttore della tradizione e della diversità linguistica e culturale, fautore dell'uomo nuovo sudtirolese. Langer va ripensato, ma prima di tutto riletto e capito, lasciandoci alle spalle le caricature della propaganda e della lotta politica.

2. Lo sguardo profetico. Sicuramente Langer è stato capace di leggere la sua terra, tanto che quello che ha scritto dieci o vent'anni fa è ancora tremendamente attuale. Tre spunti mi hanno colpito:

a) Il disagio degli italiani: se ne discute ancora, ma pochi sembrano sapere bene cosa sia e soprattutto come porvi rimedio. Langer lo ha individuato e descritto con la precisione del naturalista durante tutti gli anni ottanta. E' un disagio che ha motivazioni profonde, come il sentirsi ospiti in quella che dovrebbe essere anche la propria casa e l'essersi identificati e sentiti rappresentati da uno stato che poi li ha abbandonati una volta chiuso il "pacchetto", ma anche cause più triviali, come la scarsa conoscenza dell'altra lingua, l'essere sempre il vice di qualcun altro in virtù della proporzionale etnica, il restringersi degli spazi di successo personale e lavorativo dovuto al ritrarsi dell'industria e alla spartizione dei posti pubblici prima tutti occupati da italiani.

Da questa prospettiva è importante imparare a dare una risposta ai temi che ancora dominano la stampa locale. Oggi, ad esempio, si discute sulla toponomastica: sono simboli, è vero, ma anche i simboli sono importanti. Una legge condivisa sui nomi dei luoghi sancirebbe il reciproco riconoscimento della legittimità di entrambi i gruppi linguistici ad abitare questa terra (e questo obiettivo ben varrebbe il sacrificio dell'italianità del nome di qualche prato o maso!). E si capisce anche come gli italiani abbiano bisogno di una rappresentanza politica che sia capace di ricontrattare i termini dell'autonomia, per creare un insieme di regole che non sia il compromesso tra partito unico della minoranza e stato centrale, ma il modo in cui gruppi linguistici diversi hanno voluto vivere insieme (lezione che i nuovi quadri del pd dovrebbe mandare a memoria!).

b) il conservatorismo verde: Langer era un verde, ed era perfettamente cosciente (ed orgoglioso) degli elementi conservatori del proprio movimento politico, tanto che ci organizzò perfino un convegno. Sapeva bene che la battaglia contro "l'autostrada" (o la tav?) è una battaglia conservatrice. E lo rivendicava (forse con un certo gusto per la provocazione). E i verdi di Pecoraro se ne rendono conto? O liquidano tutto come facile ironia dei riformisti? E forse la sua lezione sarebbe utile anche a David Cameron, per dare un po' di credibilità alle tinte di verde che cerca di dare al suo grigio partito...

c) l'aborto e il nucleare: in una presa di posizione che generò un mare di polemiche tentò di mostrare come il tema della "vita" non potesse non legare la lotta all'aborto con quella al nucleare. Lo fece con la solita grande sensibilità e apertura al dialogo, nel nome di una battaglia "per la riduzione complessiva della violenza". Chissà se non vedrebbe ora un legame tra ogm e manipolazioni embrionali: forme entrambe di violazione di ciò che c'è di più vicino al principio della vita, umana e non.

3. L'eredità. Langer non ha certo vinto. L'Altoadige, oggi più che mai, è un sistema di conflitto più o meno ben temperato, in cui alle sparate scioviniste di un gruppo segue sempre una risposta ancora peggiore dell'altro, in cui si ha paura di vivere insieme, la regola aurea è ancora "il più ci si divide, meglio ci si capisce" e censimenti etnici si succedono regolari con scadenza decennale. Però, come un fiume carsico, i fermenti più genuinamente langeriani, riemergono quasi inaspettati e diventano indispensabili anticorpi allo scontro etnico. Ecco che le Caritas tedesca e italiana si fondono, nasce l'Università di Bolzano (unico luogo di cultura e formazione genuinamente bilingue - anzi trilingue, visto che si insegna anche in inglese), il prossimo censimento si annuncia anonimo e la dichiarazione di appartenenza linguistica molto più flessibile.

La sua battaglia più discussa e vissuta è stata proprio quella sul primo censimento etnico non anonimo, quello del 1981. La preoccupazione di Langer ben si comprenderà dieci anni dopo, quando, in Jugoslavia, scoppierà una sanguinosa guerra civile tra etnie. E, seppure la situazione era molto diversa da quella altoatesina, non si può guardare con un certo sgomento a come durante il titoismo le differenze linguistiche e culturali siano state incentivate, glorificate e fissate attraverso ripetuti censimenti etnici. Eppure proprio l'esperienza Jugoslava, e di tutti gli scontri etnici, insegna anche come un sistema di regole trasparente per la divisione delle risorse sia fondamentale a prevenire la degenerazione del conflitto. Per quanto in modo imperfetto, la proporzionale altoatesina è servita proprio a questo.

Langer muore suicida a Firenze nel 1995. Io ero un ragazzino in colonia estiva. Lessi la notizia sul giornale, in fretta, senza capire molto. Solo colto di sorpresa. E solo ora comincio a comprendere quello che abbiamo perso.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai fatto un articolo lucido e bellissimo, di un persoanggio di cui anch'io ho capito la grandezza con colpevole ritardo.
Un sorriso piccolo

Anonimo ha detto...

pure io ero troppo giovane e soprattutto troppo poco interessata nel 1995 per capire chi ci aveva lasciato. Bellissimo e importantissimo post. Bravo caro
ti abbraccio da una Bologna oramai autunnale...

Anonimo ha detto...

x comicomix: e' quasi paradossale che molti "eroi" sudtirolesi siano piu' apprezzati fuori che qui. lo stesso langer ne aveva suggerito qualcuno> da gaismair (leader delle rivolte contadine) a mayr-nusser (obiettore antinazista).

x mary: se e' autunnale bologna, pensa a londra!

luca

Anonimo ha detto...

Ciao Luca, bravo; posso postare il primo paragrafo di questo post su Terra in vista e linkarti per leggere il resto dell'articolo?

Stefano Z.

luca ha detto...

altrochè! se vuoi puoi pure postarlo tutto intero...

Anonimo ha detto...

Ok, grazie! Domani...