sabato 1 settembre 2007

Sfruttamento No-Profit

Se il plusvalore è tutto ciò che dei ricavi non finisce in salari e ammortamenti, e se il plusvalore dà la misura dello sfruttamento dei lavoratori di un'impresa, allora, a rigore, i dipendenti di un ente no-profit dovrebbero essere meno sfruttati degli altri. Forse è questa impressione che rende il no-profit tanto popolare negli ambienti della sinistra post-industriale. Ma è un'impressione sbagliata.

Prendiamo un caso a caso, il mio. La mia ditta è rigorosamente no-profit e si (pre)occupa del benessere dei disabili fornendo una serie di servizi, come la gestione di strutture residenziali, attività ricreative, di consulenza, ricerca etc etc. La mia ditta, cioè, non offre cose, ma il lavoro di migliaia di persone. Il 75% del bilancio della mia ditta (che è molto ma molto grande) finisce in buste paga. Siccome essere no-profit, non significa affatto essere pro-debit, a tali uscite devono corrispondere tali entrate. E da dove vengono fuori queste entrate? Donazioni? Suvvia! Vengono da fondi pubblici: ogni comune appalta i servizi che decide di offrire ai propri cittadini. Lo fa con aste molto competitive: una marea di nobilissimi enti no-profit, housing associations e charities, prende parte a questa lotta all'ultimo sangue per vincere un appalto. Da che mercato è mercato, vince chi offre il prezzo migliore.

Con tre quarti di bilancio spesi in personale, naturalmente la voce su cui tagliare è una: lo stipendio, con annessi e connessi. Quest'anno, per esempio, lo scatto automatico di salario (stiamo parlando di una sciocchezza come il 2%, manco l'inflazione) è stato posticipato di sei mesi. Comunicazione via lettera, senza discussioni. Il "semaforo" è stato escogitato per ridurre i periodi di malattia: con due settimane a casa in un anno finisci rosso e sei a rischio licenziamento. E se mi rompo una gamba sono cavoli miei. Ovviamente le pause sigarette vengono recuperate a fine turno. A me, che non fumo più, casca la mascella sentendo dei miei amici, molto più pagati di me, tutti rigorosamente profit, che impiegano una parte consistente delle loro giornate lavorative con blogs e facebook.

Il mio datore di lavoro è, infatti, molto interessante a spremermi valore. Siccome è no-profit, però, questo valore non se lo incamera sotto forma di profitti o investimenti, ma lo trasferisce, bello impacchettato e infiocchettato, allo stato. In altre parole, il mio sfruttatore, il mio nemico di classe non è un avaro lardoso capitalista in sigaro e tuba, ma una sfilza di amministratori pubblici che hanno "altre priorità" (tipo catturare terroristi islamici).

E' proprio il caso di dirlo: governo ladro!

5 commenti:

mario ha detto...

Consiglierei di tornare a leggere Marx se non altro per trovare conferma che il saggio di plusvalore (da non confondere con il saggio di profitto) misura anche il grado di sfruttamento della forza-lavoro.
fatto questo magari chiedere conto dei compensi degli amministratori e rendersi conto che, forse, fai parte di quella parte ella catena (forse cooperativa) funzionale per alimentare guerra e competizione tra poveri?
Da lì ad organizzare un sindacato autonomo la strada è breve (se si ha voglia)
Hai la mia solidarietà.
ma non avevi sfasciato una macchina alla tua azienda?soddisfazioni inconsapevoli.

luca ha detto...

mario, grazie per il commento ricco di spunti.

naturalmente non volevo dire che il plusvalore e il saggio di sfruttamento sono la stessa cosa, ma che il secondo è variabile del primo.

trovo subito conferma da wikipedia: saggio sfruttamento= pv/monte salari.

sugli amministratori: domanda interessante, devo controllare, ma sospetto che non siano messi molto meglio di me. sicuramente il mio manager è molto, ma molto, più sfruttato di me.

il sistema è molto funzionale, perchè permette allo stato di risparmiare un sacco di soldi, mantenendo una qualità dei servizi alta. la stessa cosa sarebbe molto più difficile con dipendenti pubblici. e i sindacati sono più trasparenti di quelli italiani.

quello che frega è che in un lavoro come il mio la parte ideale conta molto e ti spinge a "regalare" tempo e risorse. la contraddizione è che la mia dovrebbe essere una "professione", ma se viene presa come tale diviene insopportabile.

la guerra è, in ogni caso, tra enti in competizione. e nel sociale si odiano più che nel business. così è stata anche la mia esperienza a bolzano, dove due (2) privati sociali (entrambi cattolici) si facevano la guerra, quando un bel cartello sarebbe stato così facile da organizzare (magari in curia).

quello che volevo sottolineare però è che attraverso il privato sociale il plusvalore viene incamerato dal pubblico e non dal capitalista.

Anonimo ha detto...

Noi non ci occupiamo di Islam, di Terrorismo ... ci occupiamo del mondo, disciamo :-P

luca ha detto...

del mondo e dei lavavetri.... ;))

Anonimo ha detto...

Lavoro e No Profit
Terzo Settore, La nuova froniera delle lotte dei lavoratori,
Aperto al contributo di tutti.
Dalla parte dei lavoratori, sempre!

http://terzosettore.wordpress.com

Luca, il tuo contributo sarebbe prezioso.

Ciao a tutti